Il commercialista romano Paolo Oliverio è stato arrestato nel novembre scorso a seguito di un’indagine sull’elezione di un prelato all’interno dei Camilliani, ordine religioso di cui curava i conti.
Secondo i magistrati, avrebbe fatto sequestrare due sacerdoti per impedire loro di partecipare al voto per la nomina a superiore dell’ordine dei Camilliani, per ostacolare la rielezione di un prelato, favorendo quella di padre Renato Salvatore, eletto, in quella occasione, superiore generale dell’ordine. Intorno ai Camilliani, che gestiscono importanti nosocomi, girano tanti soldi. Ma non solo. Oliverio era interessato anche alla gestione diretta degli stessi per poter determinare assunzioni e licenziamenti, manovrare bandi e gestione dei servizi.
Con il suo arresto gli inquirenti sono entrati in possesso di una copiosa documentazione, che sta svelando un mondo fatto di intrighi, ricatti, servizi segreti, rapporti con la criminalità organizzata. Al momento del fermo, Oliverio aveva avvisato i magistrati: “Non aprite i file archiviati nel mio computer, altrimenti viene giù l’Italia“.
La figura di Oliverio era già nota alle cronache giudiziarie, anche se il faccendiere ne è sempre uscito pulito. Il suo nome emerge nelle indagini sull’ex consigliere Idv della Regione Lazio, Vincenzo Maruccio, quando i finanzieri, scandagliando i suoi conti correnti, riscontrarono numerosi bonifici a favore di Oliverio, che rispunta nella complicata inchiesta sulla P3 e sull’eolico in Sardegna, il cui sistema finanziario era gestito da Flavio Carboni, con cui Oliverio vantava stretti rapporti finanziari e personali. Il faccendiere venne coinvolto anche nella gestione di alcuni conti correnti in Liechtenstein, per conto di Renato Squillante e Attilio Pacifico, che portò al processo Sme.
Adesso, i magistrati lo accusano di aver determinato un forte condizionamento della pubblica amministrazione attraverso ricatti, attività di dossieraggio e finanziamento illecito della politica, grazie alla partecipazione nelle attività di esponenti della ‘ndrangheta calabrese e di personaggi facenti parte di logge massoniche coperte oltre ad autorevoli prelati.
Oliverio era solito, secondo la ricostruzione della magistratura romana, concludere affari utilizzando società di comodo o fondi altamente sospetti, entrando in contatto così con un ex manager di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, e con l’avvocato Marco Squatriti, al momento latitante per una bancarotta da 90 milioni di euro, ma anche con imprenditori quali Paolo Berlusconi e Claudio Lotito, a quanto emerge dalle carte.
In particolare, nel fascicolo numero 51419/12 R.g.n.r. di cui è titolare il pm Giuseppe Cascini della procura di Roma, si legge: “Ulteriori elementi in merito alle attività illecite svolte da Paolo Oliverio emergono dalla nota del 28 giugno 2013. Oliverio si occupa della possibile acquisizione, schermata attraverso un prestanome, da parte di Claudio Lotito, della Sambenedettese. Acquisizione vietata dalle norme della Federcalcio, essendo Lotito già proprietario di altre società sportive“.
Sempre il faccendiere, con il boss Ernesto Diotallevi, avrebbe inoltre concluso affari immobiliari da centinaia di migliaia di euro. Ma dagli atti processuali emergono pure i suoi legami con il parlamentare del Nuovo centrodestra, Alessandro Pagano e con l’ex senatore Pdl Sergio De Gregorio, sotto processo a Napoli per la compravendita dei parlamentari insieme a Silvio Berlusconi. Uomo di collegamento fra i due era Giuseppe Joppolo, che curava i rapporti di De Gregorio con forze dell’ordine e forze armate e proprio per questo sarebbe entrato in contatto con Oliverio.
Anche l’ombra dei servizi segreti è presente sulle attività del commercialista, visto che dalle carte emerge come Oliverio avrebbe costruito un vero e proprio sistema di ricatto e dossieraggio, con tanto di apparecchi per le intercettazioni, che sarebbe stato utilizzato anche dagli 007 italiani.
Questa è la storia di un’ombra, un’ombra nera che si stende su politica, imprenditoria e alte cariche ecclesiastiche del Paese. Un’ombra che ricorda quella della P2, che ha coperto i principali misteri di Italia, come la morte di Michele Sindona, Roberto Calvi, il golpe del principe Junio Valerio Borghese, le stragi di piazza Fontana, le bombe sul treno Italicus e alla stazione di Bologna e il sequestro Moro.
Le ombre confondo e fanno perdere tutti i punti di riferimento, a volte, anche ai magistrati e agli investigatori. Tutti, tranne uno: il buon senso, che ha permesso di mettere in fila i fatti e forse potrà fare chiarezza anche in una storia di sequestri, ricatti, delitti e soldi sporchi.