Leonardo Bonucci: difensore moderno, di quelli che sanno giocare a pallone e che non disdegnano il dribbling, il rischio, il lancio, l’improvvisata in area avversaria. In cambio, devi accettare i suoi tre – quattro errori a stagione, ma chi lo allena sa che quegli errori non sono niente, in confronto al vantaggio di poter avere un difensore che non butta il pallone. Grintoso ed educato, deciso nel tackle ma talentuoso nel palleggio, per Leo non è stata solo discesa. Poi sono arrivati Ventura e Conte, i due allenatori che più di tutti hanno creduto nelle qualità del giovane pilastro della difesa bianconera.
In uno dei suoi poemi più famosi, Alessandro Manzoni, riferendosi a Napoleone, parla di come il condottiero francese si sia trovato nella sua vita per “due volte nella polvere, due volte sull’altar”. C’è chi si è trovato spesso in questa situazione, in ambito umano e sportivo: Leonardo Bonucci, passato molte volte dalla polvere all’altare o in senso meno poetico dalle stelle alle stalle o viceversa.
Il ragazzo di Viterbo, classe 1987, cresce nelle giovanili dell’Inter per esordire in una storica partita, almeno a posteriori: a Cagliari, infatti, i nerazzurri vinceranno senza saperlo lo scudetto a tavolino. Nel gennaio 2009 arriva al Pisa allenato da Giampiero Ventura. A fine stagione l’amara retrocessione in serie C, a questo punto sembra che nessuno lo possa smuovere dalla polvere e dalla mediocrità. Nessuno, tranne lui. Lo stesso Ventura è chiamato sulla panchina del Bari dopo l’addio di Conte. All’inizio sono in pochi a puntare sui pugliesi che alla prima in A dopo otto anni si presentano a San Siro contro l’Inter che vincerà il Triplete. La partita finisce 1-1 con i biancorossi che sfiorano addirittura il colpaccio e con la coppia centrale Bonucci-Ranocchia autori di una partita indimenticabile. La stagione prosegue tra prestazioni ottime e giocate raffinate, inconsuete per un “semplice” difensore. A giugno, Marcello Lippi lo convoca per i disastrosi mondiali in Sud Africa dove Leo non gioca neanche un minuto.
Bonucci passa alla Juve, nella prima stagione non convince e molte critiche si abbattono su di lui, c’è addirittura chi pensa che sia meglio disfarsene. Ancora nella polvere, fino a che non arriva sulla panchina bianconera Antonio Conte che lo piazza al centro della difesa rendendolo il regista arretrato della squadra. Bonucci riprende a giocare come ai tempi di Bari, con interventi precisi, lanci millimetrici, intuizioni illuminanti e gol decisivi. La Juve vince uno scudetto insperato ma un’altra tegola si abbatte su di lui: lo scandalo del calcioscommesse. Rischia l’Europeo ma alla fine il difensore ne uscirà pulitissimo e conquisterà con la nazionale il secondo posto nella competizione europea.
Vinto un altro scudetto, con la nazionale vola in Brasile per la Confederations Cup che sfuma in semifinale dopo la lotteria dei rigori. L’accusa cade (ingiustamente) su Leo che sbaglia il rigore decisivo dopo aver disputato una superba partita. Non è una caduta che fa il botto ma le critiche esagerate spesso danno fastidio, come quella dopo la partita interna contro il Galatasaray dove l’errore del difensore apre la strada al gol di Drogba. Di nuovo nella polvere ma Bonucci non molla, continua a sfornare assist vincenti ed il suo gol fondamentale siglato contro la Roma che avvicina sempre di più la Juve al terzo scudetto consecutivo, è solo una dimostrazione del carattere fortissimo di questo giocatore. Potete metterlo nella polvere quando e quante volte volete ma Leonardo Bonucci ne uscirà a testa alta. E palla al piede. Come sempre.