I lavori del Congresso degli Stati Uniti sono iniziati all’insegna di una prova di forza su alcune misure economiche per la lotta alla povertà, la disoccupazione e il salario minimo.
Obama preme affinché si riduca il divario tra ricchi e poveri e spinge in Senato affinché venga approvato il disegno di legge per aumentare il salario minimo federale, pari a 7,25 dollari l’ora dal luglio 2009, ma che in tre anni dovrebbe essere portato a 10,10 dollari l’ora. I Repubblicani però si oppongono e al Senato i numeri della maggioranza sono risicati.
“Bisogna recuperare il ritardo nei confronti di tanti lavoratori americani, che da anni stanno lavorando di più per meno“, ha detto il senatore democratico Jack Reed.
Sempre nel pacchetto di misure un progetto di legge per ripristinare i benefici per 1,3 milioni di americani senza lavoro. La misura estenderebbe per tre mesi il programma di indennità di disoccupazione di emergenza, che si è concluso il 28 dicembre.
Approvato nel 2008 dal presidente repubblicano George W. Bush, il programma ha fornito ai disoccupati una media di 300 dollari a settimana per ulteriori 28 settimane, una volta terminati i sussidi statali.
I sostenitori affermano che queste misure, oltre ad aiutare i disoccupati, giovano all’economia. “Fornire una rete di sicurezza per le persone bisognose è una delle funzioni più importanti del governo federale“, ha detto Obama.
Non è chiaro se i democratici saranno in grado di ottenere i 60 voti necessari all’approvazione dei provvedimenti. Il leader della maggioranza democratica al Senato, Harry Reid, ha rivolto un appello ai Repubblicani: “Noi Democratici siamo in 55, voi in 45. Basterebbe che cinque repubblicani al Senato si unissero ai Democratici per ottenere i 60 voti“.
Obama ha chiesto al Congresso di accelerare sull’approvazione dei provvedimenti. Sabato scorso, nel suo discorso settimanale, il presidente ha detto che i Repubblicani dovrebbero “fare la cosa giusta e ripristinare questa sicurezza economica vitale anche per i loro elettori in questo momento“.
Ma i Repubblicani sono riluttanti ad estendere i benefici senza lavoro a lungo termine, sostenendo che l’economia americana, con il tasso di disoccupazione più basso degli ultimi 5 anni, è in via di guarigione e che tale assistenza federale di emergenza non sia più necessaria. I Repubblicani si oppongono anche all’aumento del salario minimo, sostenendo che farebbe più male che bene, eliminando posti di lavoro e danneggiando le imprese, in particolare quelle di piccole dimensioni.
“Un aumento del salario minimo è una buona politica, ma una cattiva economia“, ha detto il senatore repubblicano Jeff Flake dell’Arizona, mentre un senatore repubblicano, Rand Paul del Kentucky, ha affermato di non essersi opposto al rinnovo del beneficio, pur aggiungendo: “Sono contrario all’averlo senza pagare per questo“.
Con l’estensione dei benefici che costano 6.000 milioni di dollari per tre mesi, i Repubblicani temono che per trovare le risorse necessarie sarebbero necessari tagli ad altri programmi nazionali.
Mentre Obama tenta di intensificare gli sforzi per aiutare i bisognosi, i suoi appelli vengono contrastati puntualmente dai Repubblicani, che temono un tentativo di aumentare le tasse, soprattutto ai ricchi. E proprio queste continue beghe hanno fatto sì che l’indice di gradimento degli americani verso il Congresso sia oggi pari al 10 per cento.
Nonostante un accordo sul bilancio bipartisan alla fine dello scorso anno, il Congresso è destinato a rimanere un luogo di scontro per la politica americana.
Questo è in parte dovuto al fatto che gli schieramenti saranno impegnati ad ottenere visibilità in vista delle elezioni di novembre, quando dovranno essere eletti un terzo dei 100 membri del Senato e l’intera Camera. Ma nel frattempo, i sondaggi mostrano che la maggior parte degli americani sono a favore dell’aumento del salario minimo.
Terry O’Neill, presidente della National Organization for Women, ha dichiarato che l’aumento del salario minimo dovrebbe essere considerato una priorità, citando le statistiche che indicano che, tra il 2009 e il 2012, il reddito medio delle fasce più ricche degli americani (pari all’1% dell’intera popolazione) è salito del 30 per cento. Nello stesso periodo, il reddito medio per l’altro 99 per cento degli americani è aumentato dello 0,4 per cento.
“Questo è inaccettabile“, ha detto O’Neill, la cui organizzazione chiede di non votare a novembre per i deputati che si oppongono all’aumento del salario minimo.