Il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, ha presentato al premier Enrico Letta le proprie dimissioni irrevocabili.
Già sabato mattina aveva chiesto un rimpasto di governo: “È naturale, direi doveroso che la nuova segreteria guidata da Renzi, che ha vinto in modo forte il congresso, segni l’agenda di governo“.
La richiesta aveva suscitato l’ironia del nuovo segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, che durante una conferenza stampa a una domanda diretta su Fassina aveva risposto “Chi?“. La risposta dell’ex viceministro è stata secca: “Le parole del segretario Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c’è nulla di personale. È questione politica. È un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un’altra posizione.”
“È responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato – ha osservato Fassina nel motivare le sue dimissioni – proporre uomini e donne sulla sua linea“. Di conseguenza “restituisco irrevocabilmente il mio incarico anche se continuerò a dare il mio contributo al governo Letta dai banchi della Camera“.
Solo un anno fa, Fassina, responsabile economico del Pd e uno dei fedelissimi del segretario Pier Luigi Bersani, così aveva attaccato il sindaco di Firenze. “Renzi? Una figura minoritaria nel partito, ripete a pappagallo alcune ricette della destra, è fuori tempo massimo. L’unica cosa certa di Renzi è la sua data di nascita. Io a differenza sua, ho avuto una lunga esperienza professionale fuori dalla politica. Lui è un ex portaborse, diventato poi sindaco di Firenze per miracolo, per le divisioni interne al Pd fiorentino“.
Finito nelle “liste di proscrizione” renziane, Fassina ha preferito dignitose dimissioni, ad un inutile gioco al massacro.