Storie di Premier, la più bella del mondo: questo è calcio

Il 12 settembre del 2010, allo stadio San Paolo, correva il minuto 89 quando Giampiero Ventura, allora allenatore del Bari, si lasciò andare in un memorabile “questo è calcio” dopo l’immediata risposta di Castillo a Cannavaro. Ne scaturì un 2-2 entusiasmante tra due squadre dal destino differente: la prima pronta ad esplodere, la seconda a sprofondare in una crisi inesorabile ancora viva e sempre più ostica da affrontare. Questo era calcio, aggiungiamo. Meglio perfezionare i tempi verbali. Perché la Serie A oggi è diventata vecchia nell’anima, brutta da vedere, quasi scontata da commentare. Basti pensare che il 5 gennaio la Juventus, con una vittoria sulla Roma, andrebbe quasi ad ipotecare l’ennesimo titolo della gestione Conte. La nostra massima serie vive di sprazzi. Di luci (poche) e ombre (molte, troppe). Di poche belle partite da raccontare e troppi pareggi. Maledetti 0-0. E quasi siamo contenti di non vivere quei 90′ di monotonia anche durante le festività natalizie. Sì, c’è la Serie B, che quanto a divertimento non ha molto di meno della categoria superiore. Sì, c’è il mercato delle tante “non-notizie”. Ma lo stop della Serie A, almeno per gli spettatori, aiuta a guardare con occhi diversi il mondo del pallone rotondo. Il mondo affascinante, divertente ed estremamente coinvolgente della Premier League. Insomma, tanto per parafrasare Ventura, verrebbe da dire: questo è calcio. L’Inghilterra è un contenitore di festa. Di vero sport. Laddove partite come quel Napoli-Bari o un pirotecnico 4-2 di Fiorentina-Juventus, tanto per tornare all’attualità, sono felice routine.

La Premier è il campionato dei tre gol a partita, degli stadi stracolmi per il gusto di vedere lo spettacolo della tua squadra di calcio. E non importa che essa sia l’Arsenal capolista o il desolato fanalino di coda Sunderland. L’Inghilterra ospita sport che genera business, l’Italia un business che prova (senza successo) a generare sport. Rimane davvero poco. Poche idee, pochi soldi (spesso sporchi) e zero divertimento. E mentre l’intera Italia apre panettoni, fiocca divertimento nel freddo inglese dove tutti hanno la possibilità di vivere uno dei campionati più belli di sempre.

CAPODANNO BOLLENTE Il campionato dove la prima della classe ha solo due punti di vantaggio dalla terza. Cosa che in Italia accadrebbe solo se la Juventus iniziasse a sedersi sul tappeto verde per qualche turno, lasciando correre gli avversari. É il campionato delle emozioni. Dell’Arsenal che non alza al cielo la Barclays da un decennio, quando fu Patrick Vieira a sollevare la coppa dei novanta punti. Wenger ha adottato un’altra mentalità. Sì, quest’anno non ci sta a passare per il “perdente che gioca bene”. E il Capodanno è lì a testimoniare tutte le ambizioni di una squadra costretta a fronteggiare un Cardiff difensivo, scomodo e ficcante nelle rare ripartenze. Nervi saldi, al minuto 88 il tabellone dell’Emirates segna ancora 0-0. I gunners, però, accettano la sfida tutta fisica e gettano nella mischia Bendtner, pronto ad esser subito decisivo. Londra sogna, mai come quest’anno qualcosa sembra girare per il verso giusto. Corrono in mente i fantasmi delle passate stagioni. Sì, perché, almeno sino a 365 giorni fa, l’Arsenal, gare del genere, le finiva perdendo. E invece no. Stavolta firma i tre punti ed anche in grande stile, quando un Cardiff disperato si getta all’attacco e tentando il pareggio incassa anche il bis da Theo Walcott che mette la freccia e regala un nuovo sorpasso alla seconda City.

Nella favola inglese ci sono anche loro. Da i “perdenti che giocano bene”, agli “spendaccioni che vincono poco”. Provocazione accettata, l’altra squadra di Manchester tortura tutti gli ospiti dell’Ethiad (100% di vittorie casalinghe) ed inizia ad assaporare anche il gusto dell’exploit. Testimone uno Swansea audace, che ieri ce l’ha messa tutta pur di soffiare almeno un punto ai citizens. Ed era ad un passo dall’impresa, grazie all’incornata di Bony (migliore in campo) ed un caratterino niente male adottato nella ripresa. Ma la differenza di organico non è sottile e quando sono le gambe a mancare, Pellegrini dà il via libera per chiudere la pratica con Yaya Toure ed una discesa epica di Kolarov. Non basta ancora Bony al 91′, quando sotto la pioggia cantano ancora i padroni di casa, festanti per la bella prova di sport contro i grandi papabili al titolo.

Un altro passo dietro c’è il Chelsea, che in panca ci ha rispedito Mourinho per tornare ad alzare le coppe ed essere vincenti. La strada è in discesa. I blues hanno bisogno di un tempo e mezzo di rodaggio, prima di liquidare il Southampton al St’Mary con le tre firme pregiate di Torres, William ed Oscar. Potenzialmente, almeno sulla carta, sono i più forti. E con un margine ridotto, il fiato sul collo delle prime, ora, è davvero pressante.
Ma la corsa, in un campionato così avvincente, non può limitarsi a tre squadre. Ritorna a galoppare il Liverpool che solo la scorsa settimana era ad un passo dal primo posto, che oggi dista sei lunghezze. Storie di una pazza Premier. Rodgers ha plasmato una squadra aggressiva, capace, come l’Arsenal, di tornare ai vecchi fasti. Si necessita ancora di qualche pizzico di lucidità in più in situazioni di vantaggio esterno sciupato contro gli stessi gunners e il Chelsea. Il Liverpool è una mina vagante nella corsa delle prime, ancor di più se fosse meno dipendente da un Luis Suarez mostruoso sì, ma non invincibile. E quando il sette di Anfield resta a secco, i tre punti si allontanano. Casi rari, però. Perché El Pistolero gestisce medie realizzative troppo importanti, da vero top player: 20 gol in 15 partite. Suarez è un maniaco del gol, lo rincorre e lo trova con una facilità impressionante. Il calcio è un gioco di squadra, ma se i reds sono lì in alto a sperare gran parte del merito va concesso al centravanti della nazionale uruguaiana.

Il resto è spettacolo, l’Everton che soffia al fotofinish un punto per aggrapparsi all’Europa, la ricaduta dello United nella “sfida dei due gol in un minuto” persa contro il Tottenham, dove White Hart Lane, senza Villas Boas, ha ricordato la presenza in rosa di un centravanti vero come Adebayor, supportato dal gioiellino Eriksen. Ed attenzione a volgere la classifica al contrario. Vi troverete una decima (Hull) con soli sei punti di vantaggio dalla zona retrocessione tradotta in Championship.

L’Italia ammira e noi, ancora incantati, non possiamo che emulare Giampiero Ventura. Sì, perché in fondo, quando parliamo di calcio, vorremmo essere tutti un po’ inglesi, padroni di quel calore sugli spalti che tanto ci manca e probabilmente lo farà ancora per molto.

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