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Categorie: Economia Sport Tecnologia

Babolat lancia la prima racchetta da tennis hi-tech

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Claudio Curti

Si scrive Babolat Play Pure Drive, si legge alta tecnologia al servizio dei tennisti. Nella speranza che non si ingabbi il talento per dar vita a giocatori in serie, Dinara Safina docet, definita dalla stragrande maggioranza delle tenniste che ci hanno giocato contro, come un muro che, comunque vada, ti rispedisce la palla indietro. L’esatto contrario del fratello Marat Safin, genio e sregolatezza e probabilmente il talento più sprecato degli ultimi anni, interessato più alle sue “Safinette”, che a dominare su ogni superficie. E nonostante ciò capace di arrivare alla posizione numero 1 del tennis mondiale, anche se per troppo poco tempo.

Un prolungamento del proprio braccio, questo rappresenta la racchetta per i tennisti. E come dargli torto, visto che è il polso a determinare tutte quelle rotazioni da imprimere alla pallina. E la racchetta ad eseguirle. Partendo da questo semplice assioma che si sono mossi gli esperti per creare la Babolat Play Pure Drive di ultima generazione. Racchette dotate di sensori che misurano la potenza dei colpi e le rotazioni impresse, così come pure il punto di contatto con la pallina. I giocatori possono poi scaricare i dati sullo smartphone o sul pc tramite Bluetooth o una porta USB.

A testarla 50 candidati scelti per un’inchiesta del New York Times condotta da Stuart Miller, fra questi anche il 40enne Paolo Palmero, appassionato di tennis che vive a Manhattan, con una valutazione di 3.5 in una scala che va da 1 a 7 secondo la United States Tennis Association. “Sin da quando ho iniziato a giocare a tennis ho sempre saputo che la racchetta giusta avrebbe potuto migliorare il mio gioco. Si tratta di raggiungere livelli di potenza più elevati e di aumentare il numero delle rotazioni impresse alla pallina, non è nulla di naturale ovvio ma è l’evoluzione del nostro sport che va in questa direzione. Grazie ai sensori ho potuto avere indicazioni precise ed avere maggior controllo sulle dinamiche di gioco. I numeri forniscono una traccia dei miei difetti e la motivazione per interrompere le mie cattive abitudini. Dovrei essere più veloce e colpire meglio in topspin ma riuscirci non è semplice”, le parole di Palmero dopo aver testato la nuova Babolat.

La Head ha introdotto un test su misura che permette ai consumatori di scegliere le caratteristiche della propria racchetta: la lunghezza, il peso, l’equilibrio, la forma, il materiale e il piatto corde. Tutto personalizzabile grazie al proprio sofisticato laboratorio austriaco. Il tutto alla “modica” cifra di 399 euro. Prezzo alto, ma “le persone hanno bisogno di un motivo per cambiare le racchette. Pretendono sempre il meglio e di continuo, non avranno dunque paura a spendere soldi”, secondo Roger Petersman, business manager di Head per gli Stati Uniti.

Le nuove Babolat sono costruite con un moderno materiale, il grafene, proprio con lo scopo di generare maggiore potenza. Le principali concorrenti, Wilson e Prince, hanno invece puntato maggiormente su nuovi modelli d’incordatura per conseguire più spin. “Un libro nuovo tutto da sfogliare”, secondo Eric Babolat, presidente e amministratore delegato dell’omonima casa di produzione di racchette da tennis, paragonando il cambiamento al modo in cui è mutata la diffusione del suono nei film. L’unico neo è “la difficoltà nel discernere un primo servizio da un secondo” ma Babolat aggiunto che chiaramente “i vantaggi superano di gran lunga i piccoli scompensi” e ha previsto che nel giro di poco tempo “ogni racchetta sarà collegabile al mondo dell’informatica per fornire dati e statistiche”.

Agli albori della stagione agonistica del tennis mondiale, una nuova regola dell’International Tennis Federation consentirà di qui a poco l’utilizzo della racchetta hi-tech durante ogni torneo ufficiale, anche se ci sarà il divieto di guardare i dati durante le partite. Almeno per i giocatori impegnati sul campo. Per Miller sarà possibile cambiare e sostituire le racchette facendo in modo che ogni nuova racchetta sia già collegata alla banca dati, “senza dover costantemente aggiornare l’applicazione ogni volta. Questo sarà possibile grazie a particolari meccanismi e svariati algoritmi che consentiranno di installare una sola e unica volta il software che regolerà il sistema permettendo i vari aggiornamenti”.

“Fino ad ora i giocatori non hanno avuto informazioni concrete circa il loro gioco”, ha detto Babolat. “Il tipo e il numero dei movimenti, il livello di rotazione, la posizione dell’impatto con la palla, il tempo totale in cui il gioco è stato più efficace, la resistenza, la tecnica, la costanza, l’energia sono tutte informazioni che non sono mai state disponibili per un tennista. Babolat Play consentirà di fotografare il proprio gioco e capire come e dove apportare i miglioramenti-chiave”.

Fra i vari commenti dei tester dell’inchiesta del NYT, degno di nota è quello di Fo Tien, valutazione tra 4 e 4.5. “Ho fatto alcuni paragoni tra i miei colpi degli anni ‘50 e quelli di Nadal oggi e i risultati sono stati sorprendenti tenendo conto della diversità dei materiali ovviamente. La maggior parte dei dati ha confermato quello che già sapevo e mi piace molto condividere i dettagli in tempo reale magari sui social anche se chiaramente non è vita vera. La nuova racchetta potrebbe essere buona per i principianti, ma perché lo sia anche per i professionisti, dovrebbe fornire dati ancora più diversificati, ma c’è tempo perché ci sono ampi margini di miglioramento”. Tien ha anche aggiunto con un pizzico di amarezza: “La qualità del gioco dipende dal movimento delle gambe e dal talento nel colpire la palla. Questi sono solo dati”.

Ma c’è spazio anche per una curiosa richiesta: “Qualcuno dovrebbe inventare una sneaker con al centro un impulso elettronico che fornisce un piccolo shock per tenere sempre alta la concentrazione e permettere di essere veloci con i piedi”. Come dire: la tecnologia non farà ancora diventare tutti fenomeni, ma un aiuto consistente potrebbe sempre darlo.

Nella speranza che non si debba rimpiangere troppo i tempi in cui si giocava con le racchette di legno ed il pubblico restava letteralmente a bocca aperta nell’ammirare i vari Borg, Panatta, Connors, solo per citarne alcuni, che riuscivano a trovare angoli e rotazioni da far rimanere di sasso gli avversari. Dunque, bene la tecnologia, ma a patto che non si creino tennisti in serie che giocano tutti in modo uguale, non lasciando più spazio alla fantasia e al talento puro.

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Claudio Curti