Nel cuore dell’Andalusia c’è un piccolo paese di 2.800 anime chiamato Marinaleda, dove avvengono cose fuori dal comune. Qualcuno lo ha paragonato al villaggio gallico di Asterix, l’ultimo ad arrendersi alle legioni romane. In effetti, Marinaleda, piccolo comune resistente dell’Andalusia, ha in anni di lotte costruito qualcosa di diverso.
Qui il tasso di disoccupazione è dello zero per cento, per comprare una casa sono sufficienti 15 euro al mese e la terra viene lavorata a mano in maniera ecologica ed ecocompatibile. Per questo incarna agli occhi di tutti la realizzazione dell’utopia socialista. Non a caso, è l’unico paese del mondo, dove nel gonfalone appare la parola utopia, un luogo ideale ed irraggiungibile, che qui hanno provato a costruire, mattone dopo mattone.
La storia di Marinaleda è la storia del suo alcalde, il sindaco Juan Manuel Sánchez Gordillo. Difficile definirlo in maniera diretta, più facile paragonarlo ad un profeta con la sua barba folta e grigia o ad un lìder rivolucionario per la sua passione per la lotta di classe e per i discorsi coinvolgenti.
Per capire il personaggio, questo fu il giuramento da lui prestato in Parlamento dinanzi a deputati sconvolti e increduli: “Davanti alla legge prometto e mi riprometto di lottare con tutte le mie forze per sovvertire il sistema di produzione capitalistico. Quindi mi dichiaro ribelle alla dittatura del mercato, alle sue ricette e i suoi mandati. Mi impegno anche a combattere con tutte le mie forze per questa nazione senza sovranità che è l’Andalusia. Mi impegno inoltre a dare voce a chi non partecipa al voto in Parlamento come per la strada. Viva l’Andalusia libera!”.
Non è mai stato iscritto al partito comunista, ma si definisce un comunista che si ispira alle parole e alle idee di Gesù Cristo, Gandhi, Marx, Lenin e del Che. Eletto nel 1979, nelle prime elezioni libere dopo la dittatura di Franco, da allora non ha più abbandonato la carica grazie al supporto della popolazione.
Il suo primo provvedimento fu quello di cambiare il nome alle strade, intitolate ai vincitori della guerra civile. Così calle Muñoz Grandes diventa calle Che Guevara, plaza de España diventa plaza del pueblo, quella intitolata a Francisco Franco viene intitolata a Salvador Allende.
La popolazione di Marinaleda, alla fine degli anni ’70, era poverissima, per giorni si era costretti a rinunciare anche al cibo e il tasso di disoccupazione era pari al 70%. Nel calore intenso dell’estate del 1980, prima veniva proclamato “uno sciopero della fame contro la fame”, poi, al grido di “la terra a chi lavora!” venivano confiscate molte tenute per essere affidate ai lavoratori. Tuttavia, ci sono voluti dieci anni di scontri violenti con la polizia e di battaglie in tribunale per ottenere quelle terre. Solo nel 1991 1.200 ettari della tenuta “El Humoso” (Il Fumoso), di proprietà del duca di Infantado, divengono di proprietà del comune e vengono assegnati alla popolazione.
Oggi quasi tutti lavorano per la Cooperativa Humar – Marinaleda SCA, creata dagli stessi lavoratori, per gestire i terreni conquistati dopo anni di lotta. La cooperativa dà lavoro a circa 400 persone e ogni posto viene offerto a rotazione, per garantire un introito a tutti. Oltre alle olive, hanno piantato peperoni, carciofi, fave, fagiolini e broccoli. Tutti possono lavorare nella cooperativa e tutti percepiscono il medesimo stipendio di 1.200 euro al mese, 47 euro al giorno per 6 ore di lavoro. La cooperativa non distribuisce utili: l’eventuale eccedenza viene reinvestita per creare maggiore occupazione.
A Marinaleda la polizia non c’è e tutte le decisioni politiche sono prese da un’assemblea alla quale sono chiamati a partecipare tutti gli abitanti. Per quanto riguarda le imposte sono le più basse di tutta la Spagna, i bilanci sono decisi in occasione delle riunioni plenarie dell’assemblea, nel corso delle quali sono approvate anche le varie cariche. Così si decide anche in che cosa andrà investito ogni euro assegnato a ciascuna carica.
Il sabato il sindaco per un’ora disquisisce in televisione sulla politica o recita le sue poesie con il suo marchio di fabbrica, la sciarpa palestinese avvolta intorno al collo. Di domenica, tramite un megafono, i cittadini vengono invitati, come volontari, a pulire le strade o a fare lavoretti.
L’impresa privata è consentita: ci sono sette bar, caffetterie e piccoli supermarket di proprietà privata. Tuttavia, a Marinaleda è da escludersi, ad esempio, l’apertura di un centro commerciale né tanto meno la grande distribuzione organizzata avrebbe interesse a insediarsi in questa zona. Nell’agosto del 2012 il sindaco Gordillo, assieme ad altri 200 rappresentanti sindacali, è entrato in un supermercato mettendo in atto una espropriazione di alcuni beni alimentari di prima necessità per poi donarli alle banche alimentari per andalusi indigenti.
I critici dicono che le affermazioni del sindaco Sánchez sono esagerate e che è solo riuscito a dividere la miseria, piuttosto che creare ricchezza. Con la promozione di posti di lavoro a bassa produttività delle aziende, gli elettori dipendono da lui per il lavoro. “Questo villaggio è rimasto fermo“, ha detto Hipólito Aires, un membro del consiglio comunale socialista. “L’atmosfera politica a Marinaleda è soffocante. Sánchez Gordillo ha criticato i signori locali, ma ora agisce come loro. Ora il più grande proprietario terriero di Marinaleda è il sindaco“.
Eppure, numeri alla mano, le domande di residenza da parte di abitanti dei paesi vicini sono aumentate negli ultimi anni tanto che la città ha dovuto rivedere il programma per i soggiornanti di lungo periodo. A Somonte, un paese vicino, è stata realizzata una cooperativa agricola simile a quella di Marinaleda. Sulla parete di un granaio alcuni lavoratori hanno scritto uno slogan eloquente: “Andalusi, non emigrate, lottate perché la terra è vostra! Riprendetevela“. La terra di Somonte è una delle più fertili in Spagna, ma il governo per decenni l’aveva utilizzata per far crescere il mais e ottenere fondi europei, non creando occupazione e lasciando marcire il mais in esubero. Ora, la cooperativa garantisce il lavoro a circa 250 persone.
Marinaleda non è un utopia, non è una città ideale, ma è un modello che sta aprendo delle crepe nel monolitico sistema capitalistico. A chi non accetta governi tecnici per salvare le banche e il sistema neoliberista in crisi o a chi non tollera più un modello di economia che ha generato disoccupazione in crescita, soprattutto per le fasce giovani della popolazione, impoverimento generale e deprivazione dei diritti primari, i “guardiani” dell’attuale sistema capitalista sono soliti domandare: “Qual è la vostra alternativa?“. Sempre più persone in tutto il mondo rispondono: “Beh, che ne dite di Marinaleda?“.