«Gli manca soltanto la parola».
Chiunque abbia un animale in casa ha proferito questo semplice pensiero stupendosi del comportamento “intelligente” del proprio animale domestico.
Il segreto di questo rapporto pseudo-empatico è presto spiegato. Secondo gli scienziati dell’Università di Adelaide non si tratterrebbe di empatia o umanizzazione, come sostengono i più, ma semplicemente di superiorità cognitiva dell’animale.
Secondo il Dott. Arthur Saniotis, infatti, il mondo animale è molto più complesso di quanto noi umani riusciamo a percepire. Stando a recenti studi, gli animali possiedono abilità differenti che vengono traslate in dimensioni percettive diverse non facilmente comprensibili dagli esseri umani.
«Il fatto che non ci possono intendere e che noi non li intendiamo – sottolinea Maciej Henneberg, professore di anatomia comparata ad Adelaide – non significa che le nostre “intelligenze” sono a livelli diversi, sono solo di tipo diverso. Quando uno straniero cerca di comunicare utilizzando una versione spezzettata e imperfetta della nostra lingua, abbiamo l’impressione che non sia molto intelligente. Ma la realtà è ben diversa».
Si evidenzia quindi l’esistenza dell’intelligenza sociale e dell’intelligenza cinestesica. Basti pensare, ad esempio, alle scimmie catarrine, Hylobates, che emettono decine di suoni diversi per comunicare tra loro in mezzo alla foresta della penisola di Malacca o all’universo dei messaggi olfattivi, come quello molto complesso dei koala, da cui l’uomo è praticamente escluso.
Ma le prove più convincenti, evidenzia il ricercatore Henneberg, vengono proprio dagli animali domestici: «Riescono perfino a trasmetterci le loro richieste e a farci fare quello che desiderano. Il mondo animale è molto più complesso di quanto crediamo».
Ai nostri pet non “manca soltanto la parola”. Hanno semplicemente la loro.