Secondo un’inchiesta di Le Figaro , 200 milioni di cristiani nel mondo non sono liberi di professare la propria fede. In tanti Paesi, si può essere uccisi semplicemente per il fatto di portare una croce al collo o perché si è in possesso di una Bibbia.
Non si fa distinzione tra anglicani, luterani, cattolici o ortodossi. Per coloro che uccidono, sono tutti indifferentemente cristiani. È ciò che Papa Francesco ha chiamato “ecumenismo di sangue”, cioè la cristianità che trova la sua unione nel sangue versato dai suoi credenti in tutto il mondo.
Il Natale, tradizionalmente una festa felice per il mondo cattolico, deve essere anche un momento in cui ci si ricorda di quante lacrime vengono versate ogni giorno. Seppure la convivenza tra cristiani e musulmani stia diventando sempre più difficile, gli uomini e le donne della Chiesa continuano la loro missione.
Il Camerun è una delle nazioni più ricche dell’Africa, ma negli ultimi tempi, deve affrontare una grave emergenza: nella Nigeria del Nord si sta diffondendo l’estremismo islamico di Boko Haram, che proclama di voler distruggere “l’educazione occidentale”, cioè le scuole e le chiese cristiane. Ad ottobre è stato dato fuoco ad un campus universitario nel nord-est della Nigeria. Il bilancio ufficiale parla di una cinquantina di morti, ma, secondo una recente indagine del Parlamento europeo, da quel giorno non si ha più traccia di quasi mille studenti, che alloggiavano nella struttura.
È una zona a rischio, eppure Padre Georges Vandenbeusch, un prete francese, non l’ha voluta abbandonare, non ha voluto lasciare solo il suo gregge di credenti: “Che credibilità avrebbe il Vangelo, se coloro che sono venuti ad annunciarlo se ne andassero non appena il prezzo comincia ad alzarsi? Francamente i missionari non lo vogliono il martirio, ma quando parli di Gesù in mezzo a gente che la vita ha tenuto sempre schiacciata a terra, senti tutto il peso della Parola che stai portando. E capisci che non puoi scaricarlo“.
Il 13 novembre è stato rapito dai jihadisti di Boko Haram e da quel giorno, non si sa più niente di lui. È come scomparso, inghiottito in quella spirale di violenza e atrocità, che sta sconvolgendo la vita di tanti cristiani in questi territori.
Tre settimane dopo, il 2 dicembre, dodici religiose greco-ortodosse e tre giovani laiche sono state rapite a Maaloula, in Siria, dagli estremisti islamici della brigata Ahrar al-Qalamou. Anche loro, come padre Georges, erano state avvertite del pericolo a cui andavano incontro rimanendo lì. Queste suore per anni hanno salvato la vita a tanti orfani e per loro sono rimasti. Ad oggi sono ancora nelle mani dei rapitori.
In Pakistan, a gennaio, viene assassinato il governatore del Punjab, Salman Taseer. La sua unica colpa è aver fatto visita in carcere ad Asia Bibi, una cristiana accusata di aver offeso Maometto e condannata a morte in base alla legge sulla blasfemia.
Papa Francesco sta cercando di tenere alta l’attenzione sulla minaccia che incombe sui cristiani. Lunedì scorso, sul suo account Twitter, il pontefice ha lanciato questo messaggio: “Non rassegniamoci a pensare a un Medio Oriente senza cristiani, ma preghiamo ogni giorno per la pace“.
In base ad un dossier di Aiuto alla chiesa che soffre (ACS), una fondazione fondata nel 1947 dal sacerdote olandese Werenfried van Straaten per portare soccorso alla Chiesa laddove la mancanza di mezzi economici o la violazione della libertà religiosa ne rendano difficile o impossibile la sua missione evangelizzatrice, risulta che il 75% dei casi di persecuzione religiosa nel mondo riguardano i cristiani.
I Paesi segnati in rosso sono quelli dove atti di violenza contro i cristiani sono all’ordine del giorno.
Alcune zone ritenute sicure fino al 2010, come Mali, Camerun, Repubblica Centrafricana, Etiopia e la Siria, ora sono diventate pericolose per i cristiani, mentre altri Paesi, già tradizionalmente ostili, come Nigeria, Libia, Sudan, Iraq, Pakistan e India, lo sono diventati ancora di più negli ultimi tre anni. Sono in aumento le violenze anche nell’area dell’Alto Egitto, dove è più difficile il controllo da parte del governo e dove spesso la polizia simpatizza con gli estremisti musulmani.
In Cina, Corea del Nord, Vietnam, in nome del materialismo ateo, che rimane la dottrina ufficiale del partito comunista al potere, la religione cristiana è tollerata. Ma, in questi paesi, solo coloro che professano la religione dominante godono dei pieni diritti di cittadinanza. Le persone, che appartengono a religioni minoritarie, sono nella migliore delle ipotesi tollerate, nella peggiore considerate come una minaccia alla coesione sociale.
Sempre più numerose sono in tutto il mondo le faglie lungo le quali si sviluppano conflitti di tipo religioso, in cui spesso i cristiani sono vittime: tuttavia sarebbe erroneo accentuare troppo la dimensione dello scontro tra fedi diverse addebitando quasi tutti i problemi al presunto espansionismo islamico. Dietro queste tensioni si celano interessi economici contrapposti, influenze esterne, lotte etniche. Molti evocano l’idea che i governi occidentali vengano in aiuto con la “spada” alle istanze ecclesiastiche, facendo pressioni diplomatiche e adottando la logica della reciprocità: se si vogliono costruire moschee qui deve essere possibile costruire chiese in Arabia Saudita.
Chi si straccia le vesti per un presunto ostracismo verso i cristiani dovrebbe occuparsi anche di chi è perseguitato, perché vuole promuovere lo sviluppo umano dei poveri. In America latina, in particolare in Colombia e in Bolivia, ma anche in Messico e in Guatemala, i cartelli dei narco trafficanti prendono di mira gruppi di cristiani minacciando di morte chiunque si opponga al loro potere e di questo sono in pochi a parlarne.
Si parla poco anche del fatto che solo questo anno sei milioni di musulmani si sono convertiti al cristianesimo. Marc Fromager, direttore dell’Acs, ha spiegato come la Chiesa cristiana stia crescendo, ad esempio, in Iran a causa della disillusione del popolo nei confronti del regime islamico. Gli iraniani sono tra i musulmani quelli più aperti al cristianesimo, perché hanno fame della spiritualità profonda mostrata dai cristiani nel loro Paese. Quella stessa fame che avevano i Romani e che fu saziata dalla fede dei martiri cristiani.