Nel calcio ci sono gesti tecnici che vanno oltre il gioco in sé, gesti che infiammano il cuore dei tifosi e raggiungono le vette più alte dell’estetica, fino a raggiungere lo status di vere esecuzioni artistiche e consacrare gli autori in icone nazional-popolari. Il colpo di tacco rientra di diritto nella cerchia ristretta di quelle prodezze, con la combinazione di genio e istinto che mette ko i portieri e lascia i difensori inermi.
C’è chi ne ha fatto una propria filosofia di gioco come Socrates, che tra un tacco e l’altro combatteva una battaglia simbolica contro la dittatura del suo paese, e chi in pochi decimi di secondo ha la capacità di sceglierlo come soluzione migliore per concludere a rete, con una vena di lucida follia, quando altri penserebbero a cose più semplici e sicure.
È questo il caso di Rodrigo Palacio, che al minuto 86′ del derby della Madonnina di ieri ha regalato una vittoria fondamentale alla sua Inter con un magico tacco. In quel colpo sono condensate tante cose positive: l’astuzia e la classe del grande attaccante argentino, i festeggiamenti sotto la curva a tre giorni dal Natale, i tre punti portati a casa dopo un periodo un po’ così. Il suo gesto rappresenta una specie di chiusura di un cerchio, aperto nell’Ottobre di 42 anni fa, quando un altro grande centravanti si fece conoscere a tutta l’Italia con un goal di tacco proprio contro il Milan; stiamo parlando di Roberto Bettega. Domenica sera il tempo sembra quasi aver compiuto un salto all’indietro, perché le immagini in bianco e nero del goal del bomber juventino sembrano il riflesso sbiadito dal tempo di quelle in alta definizione del “Trenza”, in una similitudine che ha qualcosa di sovrannaturale: stesso movimento, stesso stadio, stessa porta.
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Ma in questi 42 anni diversi altri calciatori hanno iscritto il loro nome al “club” del tacco. Madjer e il suo “tacco di Allah” decisero una finale di Coppa dei Campioni tra Porto e Bayern Monaco, cosa che non riuscì ad Alessandro Del Piero nella finale del ’97 tra Juventus e Borussia Dortmund. Il capitano bianconero realizzò una rete di tacco di stordente bellezza, che però non servì a cambiare il destino della partita.
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Goal di tacco e derby sono parole che risuoneranno anche nella mente di molti tifosi romanisti, che nel 2003 assistettero alla prodezza di Amantino Mancini contro la Lazio: punizione dalla destra e spettacolare tacco volante del brasiliano (in foto), arrivato come oggetto misterioso dal Venezia e consacratosi a eroe giallorosso in una sola notte.
I laziali però possono consolarsi con la strepitosa rete di un altro Mancini, Roberto, che a Parma lasciò di stucco un giovane Gigi Buffon, e con le giocate di Hernan Crespo, che ha fatto dei colpi di tacco un colpo importante del proprio repertorio.
Il calciatore che ha unito al meglio la dimensione tecnica del gesto a quella acrobatica è Zlatan Ibrahimovic, che noi italiani ricordiamo bene per il colpo di tacco volante nei minuti finali di Italia-Svezia degli Europei del 2004. Quel goal fu una condanna per la nazionale azzurra, ma rappresentò un trampolino di lancio per Ibra, che da quel momento iniziò a essere considerato qualcosa in più di un semplice talento immaturo. Negli anni lo svedese ha mostrato diverse volte il colpo di tacco volante, e qualche settimana fa ha segnato al Bastia un goal che non sfigurerebbe in una galleria d’arte moderna.
Oltre ai grandi nomi, diversi sono i calciatori meno famosi che si sono iscritti al “club” del tacco. I vari Biava, Maniero, Paponi, Zanini, Coridon sono divenuti eroi per un giorno grazie ai loro gesti, e potranno raccontare ai propri figli delle giocate che, almeno per una volta, li hanno messi sullo stesso piano dei grandi campioni.
Foto: it.eurosport.yahoo