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Categorie: News Politica

”Svuota Province”, via libera della Camera nonostante la bagarre

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Claudio Curti

Il 2014 inizierà con l’abolizione de facto, ma non ancora de iure, delle Province in Italia. O forse no, dato che dalla Camera arriva il via libera, fra accuse di “maquillage fine a se stesso” e repliche di “primo importante passo per la ristrutturazione dell’architettura dello Stato”.

Insieme all’abolizione della Comunità montane, l’eliminazione delle Province in Italia ha da sempre rappresentato uno dei migliori cavalli di battaglia per cercare di riabilitare agli occhi degli elettori qualunque governo, di qualsiasi colore politico esso sia. Ci hanno provato in tanti, anche se non si è mai capito effettivamente con quale reale volontà. Addirittura nell’iter che intendeva abolire le Province sono stati commessi errori clamorosi, come quello del governo Monti che ha visto il proprio decreto di riorganizzazione bocciato per incostituzionalità. Ora è il turno del governo Letta che prima ha iniziato con un decreto per svuotare di funzioni questo Ente e non per l’abolizione tout court, per evitare la potenziale incostituzionalità dell’iter. Ora, il decreto per mantenere l’efficacia, deve essere convertito in Legge dal Parlamento.

E sabato sera, in un clima surriscaldato, è arrivato il primo sì al ddl ad hoc della Camera dei Deputati: i sì sono stati 277, i no 11, gli astenuti 7. Hanno votato a favore Pd, Nuovo centrodestra, Scelta civica, Per l’Italia; contro Lega e Sel; M5S e Forza Italia non hanno partecipato al voto. Il provvedimento deve passare adesso all’esame del Senato in virtù del bicameralismo paritario che, il segretario del Pd, Matteo Renzi, vorrebbe al più presto eliminare. Ma intanto esiste e, quindi, ancora il ddl non è ufficialmente esecutivo.

Nell’intento del disegno di legge le Province comprenderanno aree più vaste di quelle attuali e i loro rappresentanti saranno designati non più dai cittadini, ma dagli amministratori locali, che sceglieranno tra i sindaci dei comuni del territorio. Rispetto a oggi, non bisognerà pagare gli stipendi a presidenti, consiglieri e assessori. La struttura portante della Repubblica delle autonomie dovrebbe avere il suo perno su due soli livelli territoriali di rappresentanza politica: i Comuni e le Regioni. In più vengono istituite dieci città metropolitane: Roma, Milano, Torino, Napoli, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Reggio Calabria. Infine, si disciplina la fusione dei Comuni più piccoli.

Commenti positivi dalla maggioranza espressi su Facebook dal ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali, Graziano Delrio. “Dopo tanti anni di attesa, un passo avanti enorme per semplificare i livelli amministrativi del Paese ed essere più vicini a cittadini ed imprese. Dopo 30 anni, per dare slancio alla crescita del Paese; per la prima volta non ci saranno le elezioni provinciali e, in attesa del disegno costituzionale di abolizione, le Province si riducono ad enti leggeri con poche funzioni, molto utili ai Comuni; i piccoli Comuni potranno lavorare più facilmente insieme nelle unioni, con meno burocrazia e più autonomia. Infine si lavora alla soppressione di centinaia di enti impropri e inutili e inizia la riorganizzazione dello Stato. Se tutto questo sembra poco…” conclude il ministro.

Forza Italia e Movimento 5 Stelle, che sono uscite dall’aula, attaccano all’unisono su due piani: la presenza di Sel in aula a Montecitorio che ha garantito il numero legale dell’assemblea, e il ddl nel merito. “Sabato sera durante il voto finale della Camera dei deputati sulla legge truffa Delrio, che non abolisce le Province, hanno votato a favore solo 277 deputati” le accuse del capogruppo azzurro, Renato Brunetta. “Forza Italia e le altre opposizioni, tranne Sel, hanno abbandonato l’Aula di Montecitorio. Il numero legale era di 278 presenti, quindi il ddl Delrio è stato approvato solo grazie alla partecipazione ed al voto contrario di 11 deputati di Sel e di altri 7 deputati, di vari gruppi, che si sono astenuti. Una pessima figura quindi per una maggioranza che può governare solo grazie all’incostituzionale premio di maggioranza del Porcellum e a qualche sbiadito trucchetto parlamentare. Nessuna vittoria da sbandierare per il Pd e per il governo. Questo inaccettabile provvedimento al Senato non passerà mai”.

Parole che saranno sicuramente piaciute al Presidente dell’Upi, Antonio Saitta. “Il provvedimento non solo non produrrà risparmi, ma porterà a un aumento certo della spesa pubblica e all’ennesimo prolificare di enti strumentali e agenzie regionali. È un provvedimento pieno di incongruenze con norme che getteranno nel caos il Paese” il suo sferzante giudizio.

Dunque, a giudicare dal tenore delle dichiarazioni, intonare il De Profundis per le amate-odiate Province pare ancora una volta estremamente prematuro.

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Claudio Curti