La Perla è salva, dal Tribunale via libera al piano Scaglia

La Perla è salva, ancora una volta. E i 700 dipendenti hanno scartato con qualche giorno di anticipo il loro atteso e sperato cadeaux. A farglielo l’imprenditore Silvio Scaglia in collaborazione con il Tribunale di Bologna.

Il fondatore di Fastweb ha deciso di investire 69 milioni di euro per salvare lo storico marchio bolognese di intimo, mentre il Tribunale ha dato il via al piano di risanamento che permetterà a La Perla il rilancio. Non è andata bene, invece, per la Cotton Club di Fabriano dichiarata fallita lo scorso 26 novembre, anche se potrebbe trattarsi di un arrivederci.

Una buona ed una cattiva notizia nel mondo della moda italiana.
Un sospiro di sollievo per il made in Italy, emiliano in particolare, e forse anche per Beyoncè, visto che nel suo ultimo video musicale ha deciso di indossare intimo La Perla. A seguito del bando per l’acquisizione del brand di lingerie di lusso dal fondo JH Partners, azionista fino allo scorso giugno, offerte presentate da Calzedonia e, appunto, Sms Finance di Silvio Scaglia. Il Tribunale ha concluso l’iter del salvataggio apertosi nella scorsa primavera.

Il piano industriale di rilancio di Scaglia ha convinto i giudici sia perché garantisce la sopravvivenza dell’azienda, attraverso investimenti per 69 milioni di euro, sia perché mantiene tutti e 700 i posti di lavoro. L’operazione, curata sotto l’aspetto giuslavoristico dall’avvocato Francesco Rotondi dello studio Lablaw, è dunque andata in porto giusto in tempo per garantire un pizzico di serenità in più per i lavoratori.

Del resto, a Natale, anche gli imprenditori del lusso sembrano essere più generosi. L’anno scorso, ad esempio, Brunello Cucinelli aveva deciso di premiare i suoi dipendenti facendogli trovare sotto l’Albero, in busta paga, 6.385 euro in più. Anche l’imprenditore Diego Della Valle (Tod’s e Hogan, solo per citare alcuni dei brand più conosciuti a livello mondiale), ha optato per un premio di produzione importante, in quest’anno di crisi economica, per i suoi artigiani-lavoratori.

Ma come spesso accade, anche nel periodo natalizio, per tante storie a lieto fine, ci si imbatte in attività imprenditoriali che amaramente salutano il proscenio economico internazionale.
È il caso della Cotton Club, storico marchio, fondato da Roberto Crescentini, che da Fabriano, nelle Marche, ha conquistato i mercati internazionali, per oltre 32 anni, con produzioni di abbigliamento intimo, mare ed accessori.

Il 26 novembre scorso la sezione fallimentare del Tribunale di Ancona ne ha decretato il fallimento. Una crisi nata da lontano. Già nel 2009 si era dato il via libera a tutta una serie di ammortizzatori sociali che, evidentemente, non hanno comportato alcun giovamento per il prosieguo dell’attività imprenditoriale. “Non si è presentato un piano industriale all’altezza. L’azienda aveva clienti ed ordini, ma si è arrivati lo stesso al fallimento”, la versione dei sindacati. La situazione è rapidamente precipitata lungo questi ultimi mesi. Verbali di mancato accordo per portare in Regione la vertenza. L’apertura di una procedura di mobilità per tutti i 72 dipendenti, siglato il 16 aprile scorso. E, poi, il 6 giugno, una speranza in più con la sottoscrizione del sospirato accordo, accettato con molta difficoltà dai lavoratori. Tutto inutile e ai giudici non è restato altro da fare che decretare il fallimento e nominare due curatori. Come l’Araba Fenice si potrebbe, però, verificare una rinascita, magari con un brand diverso, ma sempre con la stessa perizia e maestria tipica degli artigiani italiani.

Crescentini ha fondato una nuova azienda – più piccola e con meno dipendenti – e si spera, questa volta, che ci sia un lieto fine.
Del resto, lo spirito natalizio, è proprio questo: sperare che domani sia migliore.

[Foto: Vogue]

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