Anche l’Uganda nel trend dei Paesi che approvano leggi contro gli omosessuali. Ieri è passata la legge che prevede l’ergastolo per i recidivi, che considera i gay come un pericolo per i bambini: un voto “contro il male” lo ha definito il deputato che più di tutti si era attivato per l’approvazione. Sempre David Bahati ha così commentato: “È una vittoria per l’Uganda, questi sono i nostri valori, non importa cosa pensino nel resto del mondo“.
Forse Bahati si è dimenticato del fatto che quel “resto del mondo” ha un ruolo non di poco conto in Uganda. Si prendano gli Stati Uniti, uno dei finanziatori più generosi dell’Uganda: se il presidente Yoweri Museven firmasse il disegno di legge, forse Obama potrebbe chiudere i rubinetti e forse l’Uganda non se lo può permettere.
Il Paese era già regolato da leggi non proprio a favore degli omosessuali, antico retaggio del periodo coloniale che richiama l’esempio indiano di cui si è parlato recentemente per lo stesso motivo. Ma questo disegno di legge è qualcosa di davvero inammissibile: sarà considerato reato discutere in pubblico di omosessualità, anche per gli attivisti dei diritti umani. Una sorta di censura-tabù dai risvolti oscurantisti. Nel 2012 la comunità gay si era spinta oltre l’immaginabile organizzando il primo gay-pride. Ora vivono nella paura, come ha spiegato Frank Mugisha, uno degli organizzatori attivisti: “La comunità gay adesso è nel panico, si ha paura ad andare in strada perché si sa bene come agli ugandesi piaccia farsi giustizia da sé“.
Secondo Amnesty International sono 38 le nazioni africane in cui l’omosessualità è considerata un reato ovvero circa il 70% del continente. L’Africa, terra di credenze, miti e leggende, è stata soggetta negli anni alle opere più o meno caritatevoli di alcuni religiosi estremisti che predicano fra le tante cose anche la lotta all’omosessualità. Fra questi predicatori, per lo più evangelisti americani, se ne trova uno in particolare che ha avuto parecchio successo a giudicare anche dalla legge in approvazione: Scott Lively, Massachusetts. Lively negli anni ha consigliato una terapia per i gay, cercando di non incitare alla violenza ma di arrivare alla radice del “problema” punendolo dall’alto.
Può essere che una legge che riguarda i diritti umani dipenda da una questione economica? A dirlo sarà il presidente dell’Uganda quando deciderà se apporre la sua firma.