Nata grazie ad un progetto sviluppato nei laboratori di ricerca di una delle università più prestigiose d’America, il MIT, “Massachusetts Institute of Tecnology” di Boston, la tecnologia dell’additive manufacturing, meglio nota come possibilità di creare oggetti tridimensionali attraverso le stampanti, rappresenta, ad oggi, una delle tecniche di produzione industriale di manufatti più innovative.
“US Office of Naval Research” e “National Science Foundation” sono stati i primi finanziatori dell’ambiziosa ricerca ed “ExOne Corporation” la prima azienda a promuoverne la produzione. Il settimanale londinese “The Economist”, già in tempi non sospetti aveva speso parole di riguardo in merito al nuovo processo definendolo in questi termini “La stampa tridimensionale rende economico creare singoli oggetti tanto quanto crearne migliaia e quindi mina le economie di scala. Essa potrebbe avere sul mondo un impatto così profondo come lo ebbe l’avvento della fabbrica. Proprio come nessuno avrebbe potuto prevedere l’impatto del motore a vapore nel 1970 o della macchina da stampa nel 1450, è impossibile prevedere l’impatto a lungo termine della stampa 3D. Ma la tecnologia sta arrivando, ed è probabile che sovverta ogni campo che tocchi”.
Ma come si produce effettivamente un oggetto attraverso la tecnica dell’additive printing? La stampante tridimensionale è costituita da tre “contenitori” chiusi, uno principale e più grande all’interno del quale si crea il prodotto stesso e due laterali, di dimensioni più piccole, contenenti polveri necessarie alla composizione e legante liquido per solidificare le polveri. L’oggetto da realizzare viene disegnato tramite computer e la “sagoma” viene posta all’interno della stampante per poi essere riempita da un primo strato di materiale ricoperto da legante liquido, il procedimento viene ripetuto più volte fino ad ottenere il manufatto desiderato, successivamente l’oggetto viene “cotto” all’interno di particolari forni per ultimarne la realizzazione.
L’oggettistica creata attraverso l’additive manufacturing è molto varia, abbiamo ad esempio il curioso progetto di Andy Hawkins e Chris Turner, dell’“Aerospace Innovation Centre” di Bristol, che hanno realizzato una bicicletta di nylon resistente come il titanio tramite un sistema utilizzato per la costruzione di satelliti.
Grazie alla nuova tecnica è stato possibile superare i limiti imposti dalla produzione tradizionale in termini di scelta dei materiali e canoni geometrici.
“Open reflex, fotocamera fai da te” è invece l’ambiziosa creazione del designer Léo Marius, che permette di realizzare autonomamente una propria macchina fotografica con tanto di istruzioni per come costruirla.
I costi dei materiali sono di circa 30$ e i vari componenti plastici richiedono un tempo di stampa di 15 ore con le attuali stampanti 3D.
L’ultima frontiera dell’additive manufacturing è stata raggiunta proprio in questi giorni da una fabbrica di Avio Aero a Cameri, in provincia di Novara, che ospiterà, all’interno del suo stabilimento, oltre 60 macchinari per la realizzazione di componenti per aeromobili attraverso polveri di speciali leghe metalliche come l’Alluminiuro di Titanio, “TiAl” e due impianti per il trattamento termico dei componenti.