Per molti interisti il derby del maggio 2012, vinto per 4 a 2, rappresenta un ricordo dolce nel periodo di transizione infinita post-triplete. Nei ricordi di chi ha assistito a quella partita, oltre alla doppietta di Milito, un flash ritorna nella mente: Ibra, Dio greco del calcio, difende palla a centrocampo, ma Fredy Guarin, come un moderno Prometeo, arriva con tutta la sua potenza e gli porta via il pallone dai piedi.
Sembrava l’inizio dell’affermazione di un campione, ma un anno e mezzo dopo la situazione è diversa da come la si aspettava. Dalle notizie trapelate attraverso vari organi di informazione, il primo movimento del mercato interista di Gennaio sarà quasi certamente la cessione di Guarin, che andrà a rinforzare la mediana del Chelsea di Mourinho per una cifra che dovrebbe aggirarsi sui 16-17 milioni di euro.
Il centrocampista colombiano è stato uno dei più impiegati da Mazzarri in questa prima parte di stagione, nel ruolo di supporto offensivo per Palacio. Nonostante ciò la società avrebbe deciso di sbarazzarsi di lui, perché considerato uno dei pochi calciatori della rosa nerazzurra appetibili sul mercato e capaci di portare quella liquidità necessaria ad effettuare movimenti in entrata (perchè si, l’Inter penserà prima a cedere e poi ad acquistare). Ma la questione meramente economica non può giustificare da sola la scelta di cedere Guarin.
Incollocabilità tattica
Fredy rappresenta il classico caso di talento costantemente in bilico sulla linea che separa il campione assoluto dal mezzo giocatore, che può strapparti un applauso convinto per una giocata incredibile e pochi secondi dopo un impropero a causa di un errore da dilettante. A ciò aggiungiamo una difficile collocazione tattica, che ha costretto prima Stramaccioni e poi Mazzarri a cambiargli più volte la posizione in campo: da interno di centrocampo a 3 a trequartista con il tecnico romano, poi di nuovo arretrato da Mazzarri e successivamente riportato più a ridosso dell’attacco, sempre con risultati piuttosto alterni.
Come Roberto Carlos?
Il caso del calciatore colombiano ricorda sotto diversi aspetti quello del terzino brasiliano, arrivato a Milano nel ’95 e venduto l’anno successivo per 7 miliardi di lire al Real Madrid. Carlos, come Guarin, rappresentava un mix portentoso di tecnica e potenza fisica, solo che nel ruolo di terzino sinistro i suoi svarioni difensivi e la sua indisciplinatezza fecero venire i capelli bianchi a Roy Hogdson, l’allenatore di quel periodo, e a molti tifosi. Il tecnico a fine anno convinse Moratti a mandarlo in Spagna, preferendogli il “soldatino” Alessandro Pistone. La parte successiva della storia la conosciamo tutti…
Guarin, a differenza di Roberto Carlos, ha la stima dell’allenatore dalla sua parte e qualche anno in più del brasiliano all’epoca del suo trasferimento, quindi probabilmente meno margini di miglioramento. Dietro di lui inoltre scalpita un talento come Kovacic, che vorrebbe più spazio per dimostrare con continuità le sue grandi doti. L’impressione però è che a 27 anni abbia ancora il tempo di perfezionare alcune caratteristiche del suo gioco e in un ambiente come quello londinese, ricco di campioni di alto livello e con un allenatore come Mou, possa attenuarsi la voglia di strafare che spesso lo porta a commettere errori, a favore di una maggior disponibilità al gioco di squadra. E in questo caso a Milano qualcuno potrebbe davvero mordersi le mani.