Chi cerca un paio di buoni motivi per auspicare una distribuzione italiana per Frances Ha, indipendente comedy-drama in bianco e nero uscito lo scorso maggio negli USA, è presto accontentato: innanzitutto, la firma è di Noah Baumbach, autore del dolce e bizzarro Lo stravagante mondo di Greenberg. In secondo luogo, Frances Ha è uno dei dieci film che secondo l’autorevole parere di Quentin Tarantino, hanno reso questo 2013 degno di essere vissuto.
Poi, ne aggiungiamo un altro noi di motivo: perché Frances Ha è un film fatto con amore, competenza e senso della misura, in grado di trasmettere una delicata malinconia costantemente mitigata dall’irrefrenabile tenerezza sprigionata dalla protagonista, Frances Halladay, interpretata da Greta Gerwig (vista anche in To Rome with love di Allen) che insieme a Baumbach ha anche scritto la sceneggiatura.
Frances ha ventisette anni ma il suo viso tende a dimostrarne qualcuno in più. Vive a New York con la coinquilina, nonchè migliore amica, Sophie e collabora da tirocinante con una scuola di danza, sognando un giorno di fare la ballerina di professione.
Quando Sophie si trasferisce in un altro appartamento, per Frances inizia un via-vai che la porterà da New York, dove andrà ad abitare per poco tempo con un paio di stravaganti ragazzi, a Parigi, in cui soggiornerà presso una casa prestatale da un gruppo di conoscenti incontrati per caso.
In tutto questo, Frances farà i conti con sé stessa, i propri sogni e le proprie delusioni, consapevole del peso di essere diventata adulta.
Frances Ha deve la sua riuscita principalmente a due fattori: innanzitutto la regia di Baumbach (che si conferma autore di qualità), capace di adottare un ritmo costante, senza picchi ma anche privo di momenti morti. In secondo luogo, l’interpretazione di Greta Gerwig: l’attrice statunitense riesce a rendere la sua Frances un personaggio realistico, pur nella sua incredibilità, evitando il rischio di strafare o, peggio ancora, di cadere nella macchietta. Alla fine, Frances si rivela un tenero mix fra Bridget Jones e l’inettitudine sveviana.
Nette (e curiose) sono poi le similitudini riscontrabili in Frances Ha con Oh boy, esordio di Jan-Ole Gerster, premio Discovery agli ultimi EFA e uscito anche da noi un paio di mesi fa. Tra gli elementi in comune, la ricerca di un’identità, i personaggi sopra le righe, il bianco e nero autoriale e la sensazione quasi di vagabondaggio che si prova osservando i protagonisti muoversi tra le strade delle rispettive città.
Frances Ha insomma è un piccolo adorabile film, che anche per merito di una colonna sonora accattivante si mantiene incredibilmente in equilibrio fra leggerezza e profondità, senza cedere nemmeno per un attimo alla depressione figlia delle delusioni quotidiane, facendo al contrario leva sulla voglia di vivere, nonostante tutto.