Contro le paure della Terra dei Fuochi, contro le campagne stampa sensazionalistiche, c’è una sola certezza: la mozzarella dop è sicura, anzi sicurissima. A certificarlo è il Tuv Sud Gmbh, un laboratorio tedesco specializzato, che opera a Siegen. Soprattutto dopo Berlino 2006, la Germania non può esattamente definirsi “amica” dell’Italia. Quindi, se lo dicono gli inventori dell’austerity e dello spread, c’è da crederci.
La decisione di passare alla controffensiva, a tutela dell’oro bianco made in Campania, è maturata negli ultimi due mesi, dato che a ottobre e novembre il calo delle vendite ha toccato il 30% del fatturato, pari a una perdita secca di circa 15 milioni. Il laboratorio ha certificato che il prodotto ottenuto dal latte più controllato d’Europa è sicuro oltre ogni ragionevole dubbio. I valori per i metalli pesanti e le diossine sono risultati in norma, almeno cinque volte inferiori alla soglia di legge.
Per evitare ogni illazione, si è deciso di far raccogliere i campioni ai rappresentanti delle associazioni dei consumatori: Federconsumatori, Unione Nazionale dei Consumatori, Codici e Adusbef. Nessuno sapeva dove e quando sarebbero stati raccolti.
“Noi non diciamo che il problema della Terra dei fuochi non esiste, diciamo che si tratta di 840 ettari su 500 mila ettari di superficie agricola utilizzabile in Campania e che il nostro prodotto non ha niente a che vedere con quel territorio: acqua, mangime e foraggi sono certificati, sappiamo perfettamente che vengono da posti sicuri“, afferma Antonio Lucisano, direttore del Consorzio della mozzarella campana dop.
“Abbiamo comprato in modo casuale 20 mozzarelle con marchio dop in altrettanti punti di vendita e le abbiamo sottoposte a un’analisi molto complessa“, aggiunge Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. “Forniamo questa informazione ai consumatori perché orientino le loro scelte: la vendita di mozzarella sfusa, senza marchio di garanzia, non solo non offre le necessarie tutele ma è vietata. Per fare una battaglia efficace contro le ecomafie bisogna saper distinguere tra rischi veri e rischi falsi, altrimenti si fa crollare il sistema della produzione di qualità allargando il potere delle strutture illegali“.
La storia della mozzarella di bufala è sempre stata avventurosa, sin dalle sue origini. La tecnica di lavorazione sembra essere nata nell’odierno Molise, nei pressi delle fonti del fiume Volturno, grazie alle mani esperte di monaci benedettini.
Monsignor Alicandri, nel XIX secolo rinvenne un documento nell’Archivio Episcopale della Chiesa Metropolitana di Capua, dal quale si evince come nel XII secolo i monaci benedettini mangiassero “una mozza” ed un pezzetto di pane.
Nel XVI secolo, un testo di cucina scritto da un cuoco della corte Papale, di nome Scappi, cita per la prima volta il termine mozzarella nell’elenco dei formaggi da lui serviti. Le mozzarelle venivano già commercializzate nel Cinquecento, ma una più ampia diffusione in Italia si ha a partire dal XVIII secolo. Della mozzarella si hanno tracce anche nel Dictionaire de Cuisine di Alexandre Dumas padre, col nome di uova di bufala, le odierne ovoline.
L’ultima a parlarne è stata il Console Generale degli Stati Uniti d’America a Napoli, Colombia A. Barrosse: “La mozzarella di bufala? E’ semplicemente eccezionale. Tutti noi al Consolato mangiamo la mozzarella in grandi quantità“.