È ufficiale, dunque. Il governo ha stabilito con un decreto l’abolizione dei finanziamenti ai partiti. “Ora a decidere saranno i cittadini” ha detto Letta in conferenza stampa, presentando orgoglioso quello che somiglia molto a uno di quei colpi a sorpresa di cui spesso si è servito Berlusconi, quando doveva trarsi d’impaccio nei momenti di maggiore difficoltà.
E, in effetti, non che questo sia un bel momento, per l’esecutivo e per il Paese. Il dilagante malcontento popolare, che ha trovato espressione nello sciopero dei Forconi, richiedeva una risposta immediata ed efficace. Letta lo sapeva, e per cercare di spegnere un incendio tutt’altro che trascurabile, se si considera quanto accaduto a Milano, a Torino e in Puglia, ha deciso di fare questo regalo di Natale agli Italiani.
Facile pensare che alla svolta abbia contribuito anche il trionfo di Matteo Renzi alle primarie. Il neosegretario del Pd sosteneva da sempre la necessità di dare un segnale forte dicendo stop al fiume di denaro pubblico che ogni anno entrava nelle casse dei partiti. Il premier è consapevole che il Rottamatore non è Epifani, e che non ha nessunissima intenzione di recitare il ruolo di comparsa nel teatro della politica. Oggi il Pd, forte anche del passaggio di Forza Italia all’opposizione, è il partito di maggioranza del governo e intende dettarne l’agenda. Renzi non si accontenterà di mezze riforme. Esige decisioni coraggiose, radicali. E se l’esecutivo non le prenderà, potrebbe dover fare i conti con questa nuova figura carismatica della politica italiana.
L’abolizione del finanziamento ai partiti potrebbe avere effetti rilevanti anche in chiave elettorale. A guadagnarci è sicuramente il Pd, che ha già fatto il pienone alle primarie e che, con questo decreto, realizza un altro gol di importanza capitale. Giorni così felici, per i democratici, non si vedevano da parecchio. Chi invece, probabilmente, rischia di essere oscurato da questa situazione, è il Movimento Cinque Stelle. Grillo ne è consapevole e già ieri, subito dopo l’annuncio di Letta, ha bollato l’abolizione come una “presa per il culo”, attaccando duramente il Pd e invitandolo a restituire i 45 milioni di rimborsi ricevuti, a partire da quelli di luglio. Al di là dei proclami, l’irritazione dei grillini è evidente. Non si aspettavano una mossa del genere e sono stati colti in contropiede. Il colpo di Letta sembra essere andato a segno.
In concreto, il decreto prevede nel 2014 una riduzione del finanziamento pubblico del 25%, nel 2015 del 50% e nel 2016 del 75%, fino ad arrivare nel 2017 all’abolizione totale, sostituita dai contributi volontari dei cittadini tramite il due per mille. Senza dubbio un passo importante, a cui dovranno necessariamente seguirne altri. Il ritardo che la politica deve colmare rispetto al Paese reale è ancora ampio. Gli Italiani si erano pronunciati per lo stop ai fondi destinati ai partiti già nel lontano 1993, attraverso un referendum promosso dai Radicali. Erano altri tempi, è vero, si era nel bel mezzo della stagione di “Mani pulite”. Ma si trattava comunque della volontà popolare, e in vent’anni le classi dirigenti che si sono alternate alla guida dello Stato non hanno mai potuto, o voluto, rispettarla. Lo ha fatto ieri un governo strano, composto da voci differenti e per molti versi opposte, frutto di larghe intese che di recente si sono fatte un po’ più strette.
Basterà a risolvere tutti i problemi? No, ovviamente non basterà. Ma, anche se la strada per riavvicinare i cittadini alla politica rimane lunga e difficile, era un segnale che bisognava dare. A patto che ora non ci si fermi qui.