Con 379 sì la Camera ha confermato la fiducia al governo Letta. I no sono stati 212, gli astenuti 2, mentre gli assenti erano 36. Fiducia larga alla Camera quindi, con379 sì su un quorum richiesto di 315, ma stretta al Senato dove servono 171 consensi su 161 per poter affermare di avere una maggioranza in grado di governare. Si tratta comunque di “un nuovo inizio” per il Governo Letta. Questo l’esito dell’ennesima giornata campale per la politica italiana. Il premier ha parlato per circa quranta minuti alla Camera dei Deputati ed altrettanti al Senato. Al gran completo il Governo e non è sfuggito il fatto che a fianco di Letta sedessero il vicepremier, Angelino Alfano, ed il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Quasi ad evidenziare plasticamente due messaggi sottintesi. Il primo che Alfano contribuisce a garantire, volente o nolente, la sopravvivenza di questo Esecutivo. Il secondo che l’azione governativa si baserà proprio su temi economici, in particolare di rilancio del lavoro.
“Sono qui a chiedere la fiducia per un nuovo inizio”, l’incipit del discorso di Enrico Letta. “Abbiamo una nuova maggioranza politica, meno larga ma più coesa negli intenti. Oggi ciò che chiedo è di confermare la fiducia per segnare anche una discontinuità e segnare bene un prima e un dopo”. Parole gradite al Pd, neo segretario Matteo Renzi in testa. Molto meno a Forza Italia. “Rivendico la positività del Governo nei primi sei mesi, nei quali ho lavorato con dedizione nonostante aut aut e minacce da cui ho cercato di tenere il Governo al riparo. Un governo che dalla contrapposizione tossica tra nemici passa alla collaborazione sana tra avversari per archiviare un ventennio sprecato. Oggi la coalizione è diversa ma più coesa e nelle prossime settimane proporrò un patto di governo il 2014” ha rilevato Letta.
Un Governo just in time, non di scopo o di transizione. “Il grande obiettivo entro il quadro tempistico dei 18 mesi è di avere istituzioni che funzionino e una democrazia più forte e più solida”, a partire dall’abolizione delle province dalla Costituzione. Sulla Legge elettorale “Governo-Parlamento lavorino. Nessuno pensi a Legge punitiva per altri, ma contenere due aspetti: deve evitare l’eccesso di frazionamento che ci condannerebbe all’ingovernabilità e garantire una democrazia dell’alternanza. L’obiettivo è un meccanismo maggioritario”. Sulle riforme costituzionali “ci sarà una discussione aperta con tutte le forze di maggioranza” e si partirà dal lavoro del comitato dei saggi. Ma “chi farà saltare il banco ne risponderà ai cittadini che con referendum saranno comunque chiamati a valutare la riforma che ci farà scrollare di dosso l’immagine di un Paese barocco”, forse questo è stato l’unico passaggio indirizzato anche all’amico di partito, Matteo Renzi. Conferma di un lavoro serio per abolire “definitivamente” il finanziamento pubblico dei partiti “entro l’anno con tutti gli strumenti a disposizione”.
Non sono mancati gli accenni economici. “Il 2014 sarà il primo anno con il segno più dopo il buio della crisi. Un risultato non scontato” che ci farà incassare il dividendo della stabilità. Il nostro debito pubblico è colossale e lo stiamo aggredendo. Nel rapporto tra debito e Pil paghiamo 90 miliardi di euro in interessi, “soldi buttati”. Secondo il Premier nel 2015 ci sarà una crescita del 2% e per questo occorre “creare un clima favorevole agli investimenti sburocratizzando, semplificando e riformando anche la giustizia civile. Nel 2014 completeremo riforma degli ammortizzatori sociali, in un clima di dialogo sociale, andando verso un sistema che privilegi il lavoratore rispetto al posto di lavoro”. Accenno alla riduzione del cuneo fiscale e annuncio che venerdì in Consiglio dei Ministri sarà varato il progetto “Destinazione Italia”, per incentivare gli investimenti esteri, che conterrà misure per il credito di imposta per la ricerca, fondi per incentivare la digitalizzazione delle Pmi e una riduzione di 600 milioni di euro sulle bollette per l’energia.
Il premier Enrico Letta ha anche anticipato al Parlamento l’intenzione di valutare l’apertura, a breve, del capitale delle Poste e di altre imprese all’azionariato dei lavoratori, per un nuovo modello di impresa, come quello già avviato in Germania.
L’unico passaggio polemico e diretto, il premier lo ha riservato a Beppe Grillo e al suo Movimento 5 Stelle. “Le istituzioni esigono sempre rispetto e a maggior ragione in un tempo amaro in cui si tenta di immiserire questa aula con azioni e parole illegittime che avallano la violenza, mette all’indice i giornalisti e vuole fare macerie della democrazia rappresentativa e arriva ad incitare all’insubordinazione le forze dell’ordine. Ho la determinazione a lottare con tutto me stesso per evitare di rigettare nel caos tutto il Paese proprio quando sta rialzandosi: l’Italia è pronta a ripartire ed è nostro obbligo generazionale”.