Il premier Letta prepara il discorso più importante da quando ha assunto il ruolo di Presidente del Consiglio dei ministri. Ci sono da convincere Renzi e Alfano che è possibile stare insieme per almeno un anno. Ma il vero nodo resta la legge elettorale. Fatta questa sarà molto complicato impedire un ritorno alle urne in tempi brevissimi. Ed è per questo che a fronteggiarsi rimangono in piedi due correnti di pensiero.
L’insostenibile leggerezza di stare insieme, parafrasando il celebre libro di Milan Kundera, è quello che sta attraversando la politica italiana. Alleanze innaturali per far vivere e cadere il Governo.
Domani il voto di fiducia, prima alla Camera e poi al Senato, per sancire ufficialmente la nascita di una nuova maggioranza, orfana di Forza Italia. Se a Montecitorio non ci saranno problemi, la maggioranza costituita da Pd-Ncd-Centristi può contare su 391 deputati, quando la soglia di sopravvivenza richiesta si attesta a 316. A Palazzo Madama, il discorso cambia radicalmente. Ad oggi, le forze politiche che sostengono il Governo Letta – secondo quanto accaduto in occasione del voto sul maxi-emendamento alla Legge di stabilità – possono contare sul voto di 171 senatori, appena 10 in più rispetto al quorum previsto in Senato per poter affermare di avere una maggioranza, 161, non certo solida, ma comunque numerica. Vedremo se da allora, si saranno registrati ulteriori passaggi di casacca e magari la forbice per la soglia di sopravvivenza tenderà ad allargarsi. Di certo c’è il rischio di una battaglia in stile vietcong, con il Governo che dovrà chiedere il serrate sempre e comunque.
Si diceva del discorso di Letta che dovrà fare sfoggio di equilibrismo per garantire sia Alfano che Renzi. Sulle materie quali Lavoro, Economia, Europa, non dovrebbero esserci grandi difficoltà. Discorso a parte merita la questione delle Riforme, Legge elettorale in testa. Qui, la mediazione sarà molto più complicata. Il vice-premier, ed anche Letta, vorrebbe che accanto alla Legge elettorale – magari sulla falsa riga di quella che viene utilizzata oggi per eleggere i sindaci delle città sopra 15mila abitanti – si prevedesse anche la riduzione del numero dei parlamentari e la fine del bicameralismo perfetto, con il Senato derubricato a camera delle Regioni, senza più potere di legiferare. Ovviamente per realizzare queste riforme occorrerebbe modificare la Costituzione, con tutto ciò che ne consegue: doppia lettura in entrambi i rami del Parlamento, con voti distanziati di sei mesi fra la prima e la seconda lettura. A conti fatti, significherebbe concedere al Governo in carica una vita medio-lunga, anche forse oltre la primavera del 2015. Il neo eletto segretario del Partito Democratico ha fiutato il pericolo ed ha dettato le nuove regole: Legge elettorale da fare subito, immediatamente. Annunciando la preferenza verso un sistema maggioritario che garantisca il bipolarismo in modo secco. Un boccone amaro da far ingoiare ad Alfano e al suo manipolo di parlamentari. Perché se si dovesse optare per il Mattarellum o per un sistema elettorale senza un doppio turno, di collegio o di coalizione che sia, significherebbe decretare la morte politica del Nuovo Centrodestra. E, quindi, il rischio concreto che si possa ripetere l’operazione Fli, con deputati e senatori che facciano rientro nell’ovile forzista. Conseguenza finale, la caduta del Governo.
Si comprende bene, dunque, come tutto ruoti a ben vedere proprio attorno alla Riforma elettorale. Per questo il mantenimento della discussione nell’alveo della Commissione Affari istituzionali in Senato sia fondamentale per coloro che vogliono la sopravvivenza del Governo Letta. Viceversa il passaggio alla Camera, è l’iter auspicato da Renzi e i suoi.
In tutto ciò, le opposizioni Movimento 5 Stelle e Forza Italia, sperano di crearsi un pertugio nel quale agire per spaccare la maggioranza. A loro, visti i sondaggi, andrebbe bene qualsiasi sistema elettorale che garantisca il maggioritario. Anzi prima si porta a casa la Riforma elettorale e più salgono le possibilità che il banco salti definitivamente. Quindi, sotto sotto, si fa il tifo per Renzi, perché tiri troppo la corda, da spezzarla. Ciò non vuol dire che, comunque, si lavorerà per creare tanti micro incidenti di percorso nell’attività governativa, sperando in un nugolo di franchi tiratori che, fra le fila del Pd, non mancano mai.
Quale posizione prenderà il Premier? Basterà attendere poco meno di 24 ore perché l’arcano sia svelato. Sempre sperando che non venga fuori una posizione pilatesca. Questo è certo, il Paese – popolo delle Primarie in primis – non lo comprenderebbe ed il credito, minimo, di fiducia dato a Renzi potrebbe rapidamente portarsi a zero.