Di recente il prof Steven M. Bellovin, della Columbia University, ha riaperto il caso dei codici Permissive Action Links (PALs) utilizzati per attivare le testate nucleari intercontinentali statunitensi. La scoperta deriva dalla riemersione di alcuni dossier scritti nel 2004 dall’ufficiale dell’Areonautica Bruce G. Blair, a lungo addetto ai silos che custodivano i missili Minuteman.
Del pericolo di scoppio della terza guerra mondiale molto è stato scritto e Hollywood si è in mille modi sbizzarrita nel ricamare trame intorno ai codici segreti del nucleare. Il protocollo vorrebbe tali sequenze contenute in una valigetta dalla quale l’inquilino della Casa Bianca non sarebbe tenuto a separasi mai. Codici ignoti a terzi individui, terze nazioni e destinati a essere cambiati a ogni nuova elezione presidenziale. Non è un caso che i Pals vennero implementati in seguito alla crisi cipriota degli anni ’60, quando Turchia e Grecia minacciavano offensive nucleari.
Nessuno aveva mai pensato, però, che a dispetto delle più basilari regole di sicurezza informatica la sequenza sarebbe stata costituita da soli otto zeri.
Secondo Steven M.Bellovin la segretezza di tale codice era perciò solamente apparente. Come si legge in un articolo del 1989, bypassare un Pal sarebbe stato “così complicato quanto eseguire una tonsillectomia entrando nel paziente dalla parte sbagliata“.
Lo stesso Blair sottolineava nel 2004 come la stringa numerica fosse nota «Noi della squadra addetta al lancio dei razzi avevamo il compito di controllare più volte che, in caso di attacco, non venisse mai digitata una cifra che non fosse zero».
Il motivo di tale sequenza sarebbe da ricercare nella volontà di una pronta risposta a eventuali offensive nucleari, senza necessità di scomodare e attendere la comunicazione dei dati da parte del Presidente in persona, in un periodo, quello della Guerra Fredda, in cui la tensione faceva apparire ogni minaccia sul punto di realizzarsi.