Morti in più di 50 ieri a Sanaa nello Yemen a causa dell’esplosione di un’autobomba. L’obiettivo del kamikaze era il ministero della Difesa: poco dopo l’orario di apertura, con l’auto imbottita di esplosivo, si è fatto esplodere davanti alla porta dell’edificio. Subito è iniziata una guerriglia fra i militari e un gruppo di militanti ribelli. Il ministero della Difesa ha confermato le 52 vittime e aggiornando il numero dei feriti a circa 160, ha rassicurato comunque il Paese, dichiarando di aver ucciso la maggior parte degli attentatori. Ma i numeri non sono ancora definitivi. Secondo fonti mediche avrebbero perso la vita anche tre medici yemeniti, due filippini e un venezuelano che si trovavano nell’ospedale interno all’edificio.
Questo attacco è il più grave degli ultimi 18 mesi, ha confermato il ministero della Difesa e avviene in un Paese soggetto e devoto ad Al Qaeda: si considera che sia uno dei Paesi in cui più prospera il terrorismo. Negli ultimi mesi in particolare, lo Yemen è colpito da questi attacchi anche se non sempre rivendicati da Al Qaeda. Le violenze sono mirate a scoraggiare e impedire a tutti i costi il piano di crescita del Paese messo a punto un anno e mezzo fa, dopo la deposizione nel 2011 dell’ex presidente Ali Abdallah Saleh, e che si vorrebbe concretizzare nel 2014 con una Costituzione vera e propria.
L’ultimo attacco rivendicato da Al Qaeda risale al luglio 2012 quando a morire furono 90 militari durante le prove per una parata sempre a Sanaa e le preoccupazioni nello scorso agosto erano così alte che diverse ambasciate erano state chiuse dopo l’allarme lanciato dagli Stati Uniti. E probabilmente non è un caso se il ministro della Difesa yemenita Nasser Ahmed si trovi a Washington in questi giorni.
L’esplosione dell’autobomba è stata molto violenta tanto da creare gravi danni all’ospedale ma anche agli edifici limitrofi: vetri esplosi così come le porte. Un mezzo blindato dell’esercito è stato distrutto e le macchine parcheggiate al momento dell’esplosione sono ridotte a rottami fumanti. La situazione odierna è dovuta a una grave situazione economica creatasi con il presidente Abdullah Saleh che nel 2011 si era dimesso sì ma lasciando problemi che hanno conseguenze anche oggi. Ma soprattutto quello che sfocia in questi attentati è figlio di una spaccatura interna che sembra impossibile riparare: il sud “secessionista” e influenzato da Al Qaeda e il nord dei ribelli. La crisi nello Yemen va quindi al di là di sporadici eventi drammatici come quello di ieri, piuttosto si tratta di una bomba ad orologeria.