Salto di Quirra, la Sarajevo italiana si trova in Sardegna

Oggi, in occasione del FilmMakerFest 2013, al cinema Palestrina di Roma verrà trasmesso il documentario Materia Oscura di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, che esplora un luogo di guerra in tempo di pace: il Poligono Sperimentale del Salto di Quirra in Sardegna.
Grazie alle immagini mostrate in questo documentario e grazie alla caparbietà di un magistrato, il dott. Domenico Fiordalisi, della procura di Lanusei, il poligono non snaturerà più un territorio di una bellezza struggente e le guerre qui simulate non provocheranno più lo stesso numero di vittime di quelle realmente combattute, come nei Balcani.

Il poligono più grande di Europa, con 765 impiegati e 120 chilometri quadrati, viene inaugurato nel 1956 nella provincia dell’Ogliastra. 23 comuni, 1854 chilometri quadrati e 60 mila abitanti. Il nome – Salto di Quirra – è una maldestra traduzione del toponimo originale. Il nome sardo sarebbe infatti Sartu de Kirra: sartu, in lingua sarda, è la porzione di territorio di una bidda (villaggio) destinato al pascolo brado, non coltivato, dunque. Una zona per sua vocazione ancestrale poco antropizzata, ma non per questo irrilevante nell’economia di un territorio, specie se a prevalente vocazione pastorale.

Questa zona è stata per anni regolarmente “affittata” per milioni di euro a multinazionali per sperimentare ogni genere di arma, il tutto coperto dal segreto militare e industriale. E i soldi, con i quali la base indennizzava i comuni circostanti, hanno reso complici sindaci e amministratori locali della strage causata dall’inquinamento bellico.

La storia dei morti di Quirra inizia negli anni Novanta, non in Sardegna, ma a Sarajevo. Tanti militari italiani impiegati nella guerra dei Balcani, al loro ritorno, si ammalarono di leucemia, perché, si accertò poi, avevano maneggiato proiettili con uranio impoverito, altamente radioattivo. Nei referti medici, si scriveva che il paziente era affetto da S.Q., cioè da sindrome di Quirra, perché di quel tipo di patologia, molti pastori, ma soprattutto molte donne già morivano nella provincia dell’Ogliastra a partire dagli anni Ottanta.

Infatti, il poligono nasce prevedendo un uso di quei territori condiviso con i pastori: erano circa 6.500 i campi di allevamento all’interno della zona della base di Quirra. Dagli anni Ottanta in poi iniziarono i primi casi di morte sospetta. Persone che, dedite alla pastorizia, avevano condotto una vita frugale, ad ogni età si ammalavano di leucemie, linfoblasti, mielomi.

Non migliore la situazione nei comuni limitrofi alla base. A San Vito e Villaputzu, l’11% della popolazione, come a Chernobyl, è morta di leucemia. Ad Escalaplano, il 30% della popolazione neonatale, negli anni Novanta, nasceva affetta dalla sindrome di Quirra e le autorità militari, all’epoca, parlarono di patologie dovute all’unione tra consanguinei molto frequente nella zona.

Per decenni, solo il vento ha saputo cosa trasportava, quali veleni spargeva su queste terre. Il Comitato territoriale, che avrebbe dovuto valutare l’impatto ambientale delle attività del poligono, non ha mai ricercato la presenza di materiali nocivi nella zona del poligono come mercurio, uranio, amianto. Il Comitato di esperti che avrebbe dovuto svolgere funzioni consultive era composto per lo più da sindaci di comuni, che ricevevano lauti indennizzi dalla base e non ha mai realmente funzionato.

In rete è possibile ascoltare un’intervista ad una donna di San Vito, che ha perso il nipote di 9 anni e la figlia di 30 a causa della leucemia e che al giornalista che le domanda perché resta ancora lì, risponde perché lì è nata. Ad andarsene devono essere loro, cioè quelli del poligono. Ed è grazie a donne così, come anche Mariella Cau del comitato Gettiamo le Basi, che “loro” se ne sono andati e che ora sono sotto processo.

Il pm Fiordalisi, nelle udienze preliminari, ha mostrato i risultati delle analisi su agnelli nati con due teste, che presentavano livelli di uranio non compatibile con quello in natura. Ha riesumato i cadaveri di pastori morti in maniera sospetta e anche in questo caso le analisi hanno dimostrato la presenza di uranio, mercurio, arsenico e zinco non compatibile a livelli innaturali.

Dopo l’alluvione che ha causato 16 morti a causa della cementificazione selvaggia, dopo la strage silenziosa di Quirra con un processo del tutto ignorato dai media, in Sardegna il confine tra vita e morte, sogno ed incubo si fa sempre più sottile.

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