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Categorie: News Politica

Primarie Pd, le idee dei tre candidati a confronto

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Domenico Cacciapuoti

I giornali e le televisioni mandano in onda a colazione, pranzo e cena le puntate infinite della soap opera melensa, che sono le primarie nel PD. Un partito che sta cercando di ritrovare forma e sostanza. Il rischio è che si riduca il tutto a una lotta di potere che trova la sua acme, la sua sintesi più alta nella scelta del segretario e che si perdano invece di vista tutti i problemi che angosciano il paese, facendo così materializzare la perdita di ogni orientamento politico e progettuale.

In lizza come segretario nazionale del PD ci sono Matteo Renzi, sindaco di Firenze, Gianni Cuperlo, deputato del PD dal 2006 e Pippo Civati, anche lui deputato. Come nel giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David, Matteo, Pippo e Gianni stanno giurando di fronte alla mano sinistra del popolo delle primarie, di realizzare il programma congressuale una volta eletti come segretario del Pd.

Il candidato favorito alla segreteria, Matteo Renzi, inizia le diciotto pagine del suo documento congressuale dal titolo “Cambiare Verso”, constatando che la classe dirigente del Pd, anziché dimezzare il numero dei parlamentari, a forza di predicare un partito “pesante” invece che “leggero” ne ha creato uno “gassoso”, che ha visto l’evaporazione degli iscritti. Si dichiara, da subito, a favore dell’abolizione delle Province e del Senato, che da clone della Camera dei deputati, deve iniziare a svolgere un ruolo alternativo, con la partecipazione di sindaci e di altre delegazioni politiche. Sull’Europa, assicura che il Pd deve garantire che l’Italia metta a posto i conti, non perché ce lo chiede la Merkel, ma perché ce lo chiede la serietà verso il destino dei nostri figli e dei nostri nipoti. Renzi critica il limite del 3% nel rapporto deficit pubblico/Pil, definendolo “anacronistico”, e richiamando la necessità di un nuovo e credibile sistema di vincoli che sia al passo coi tempi.

In riferimento alla pressione fiscale, si dice favorevole ad una patrimoniale, ma solo quando la politica abbia iniziato a dare il buon esempio. Come ricetta per uscire dalla crisi, Renzi propone di puntare sulla bellezza delle città e del paesaggio, di combattere la contraffazione dei nostri prodotti alimentari, coordinare meglio la promozione turistica ed investire al Sud.

Sul problema scuola Renzi ritiene che nel recente passato si siano fatte riforme solo contro i professori, cioè proprio coloro che vivono la scuola, mentre le proposte specifiche sul tema lavoro si concentrano sui centri per l’impiego da riformare, con riferimenti precisi all’inefficienza del servizi di collocamento pubblico italiano paragonato a quello di altri paesi della Ue.

Per il sindaco di Firenze bisogna puntare su incentivi alle assunzioni con contratti a tempo indeterminato di giovani da parte delle imprese, in una situazione che vede il tasso di disoccupazione giovanile costantemente quattro volte più alto di quello degli adulti dal 2000 in avanti, al netto degli effetti del ciclo economico sul livello dei due tassi. Un programma, quindi, in grado di dare delle risposte concrete alle difficoltà di aprire un’impresa in Italia, alla burocrazia soffocante, a un mercato del lavoro con regole bizantine, a una giustizia civile lenta, ai costi dell’energia più elevati rispetto a quelli dei nostri competitors, a tasse elevatissime e qualità dell’istruzione inferiore a quella di tanti altri paesi sviluppati.

Per Cuperlo l’Italia ha bisogno di una scossa, di energie nuove. Peccato che tutto questo non si trovi nelle ventidue pagine del suo documento congressuale. Non che non sia ambizioso, anzi. Già nella prima pagina si dichiara addirittura l’obiettivo di ridisegnare economia, scienza, cultura, il bene comune. Ma in che modo?
Cuperlo vuole garantire le pensioni fino a 6 volte il minimo (poco meno di 2.900 euro lordi al mese, il 97% delle pensioni erogate dall’Inps), salvaguardare gli esodati, intervenire contro la povertà, portare il deficit 2014 al 2,7 percento del Pil e non al 2,5, utilizzando la differenza, circa 3 miliardi, per esodati, occupazione giovanile e programma straordinario di investimenti per messa in sicurezza di scuole e territorio.
Dice di avere in mente un nuovo “Patto per l’Italia”, i cui punti principali sono un “piano straordinario per l’occupazione”, la “qualificazione della spesa pubblica”, la “riforma del carico fiscale, le liberalizzazioni dei mercati, politiche espansive anticicliche e sostegno all’innovazione, lotta alla povertà e esclusione sociale”.

Il piano “straordinario” si traduce sostanzialmente in assunzioni in massa da parte dello Stato. Infatti, si parla di “un piano che consenta di impegnare centinaia di migliaia di giovani in attività legate all’ambiente, alla cultura, alla tutela e valorizzazione del nostro patrimonio artistico e paesaggistico, all’economia digitale e allo sviluppo di attività e modalità di produzione innovative”. Come finanziarlo? Con minori spese per interessi sul debito, cosa che allontanerebbe gli investitori internazionali; contrasto all’evasione fiscale, quindi maggiori tasse; maggiori margini d’azione contrattati a livello europeo, quindi maggiore debito, sperando che qualcuno lo voglia acquistare.

Secondo Cuperlo la spesa pubblica non va diminuita, ma deve essere “qualificata”. La pressione fiscale non deve diminuire, anche se ammette che è a un “livello massimo”, deve però essere redistribuita. Meno tasse su lavoro e imprese, più tasse sulle rendite e il patrimonio. Cuperlo vorrebbe che l’Europa aiutasse finanziariamente i Paesi in difficoltà. Infatti, pensa a un Fondo Europeo di riscatto del debito “per ridurre gli spread” e a un Fondo Europeo di Stabilizzazione che finanzi ammortizzatori sociali. L’Europa dovrebbe troverare le risorse per questi strumenti attraverso nuove tasse sulle transazioni finanziarie e nuovo debito (Eurobond).

Nel programma di Civati bollono parecchie idee e uno sforzo riformista apprezzabile. Il Pd ed i suoi predecessori non sono stati negli ultimi decenni in grado di comprendere il cambiamento sociale, né tanto meno di guidarlo. Civati identifica il “renzismo” come il primo passo nella direzione giusta, rilevando però che “la rottamazione senza originalità di progetto è un’illusione“. Tale elemento di novità consisterebbe nell’apertura del partito verso l’esterno. Tuttavia, Civati dà la sensazione di andare oltre, verso un acritico inseguimento di tutto ciò che si muove nella piazza, fisica o telematica. Il Pd di Civati si afferma internazionale ed europeista, favorevole ad una Europa federale attorno a quattro “unioni”: bancaria, di bilancio, economica e politica.

Per quanto riguarda la politica interna, propone la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie , l’eliminazione delle Province, la diminuzione del numero dei Comuni, con accorpamento dei più piccoli, la riduzione del numero dei Parlamentari, la fiducia al Governo votata solo dalla Camera dei Deputati, lotta senza confini alla corruzione, con strumenti sia preventivi sia sanzionatori, tra i quali la riforma della prescrizione, una legge efficace sul conflitto di interessi, l’equiparazione dei matrimoni unisex anche nel diritto di avere figli, adozione da parte dei single, ricerca sulle cellule staminali embrionali, testamento biologico e indagini pre-impianto sugli embrioni.

Mancano indicazioni su come reperire le necessarie risorse per attuare le riforme. Ci si limita alla tassazione aggiuntiva delle pensioni più elevate e a una “maggiore tassazione sul patrimonio“. La sensazione è che la proposta di Civati arricchisca il dibattito congressuale su molti temi, ma che sia più teorica che concretamente realizzabile, come è stata presentata nel programma congressuale.

I tre “Orazi” del Pd non combatteranno contro i Curiazi di Albalonga, ma tra di loro. Ognuno si è detto pronto, in caso di sconfitta, a servire l’altro senza remore. Forse, sta nascendo un nuovo PD.

[Foto: Vanityfair.it]

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Domenico Cacciapuoti