“Avanzare, sostenere o placcare, continuare ad avanzare“. Questi i principi fondanti del rugby. E su questi precetti è stato costruito alla perfezione il film “Il terzo tempo“: opera prima di Enrico Maria Artale in programmazione nelle sale cinematografiche dal 21 novembre. Dopo l’esperienza con “I giganti dell’Aquila“, docufilm che narra i tragici momenti del terremoto abruzzese attraverso gli occhi dei giocatori dell’Aquila Rugby, il regista torna a raccontare la palla ovale usando l’espediente del “terzo tempo”. In esclusiva per Bloglive.it, insieme a Martina Amantis, abbiamo intervistato Enrico Maria Artale.
Già vincitore del “Nastro d’Argento” nel 2012 con il cortometraggio “IL respiro dell’arco“, il regista pone nuovamente al centro della sua opera lo sport e lo utilizza come motore verso il riscatto sociale. Grazie ad uno spiccato realismo nelle scene di gioco e l’affidamento dei ruoli chiave della trama a personaggi “oscuri“, il regista scavalca i pregiudizi del restio mondo rugbystico stanco della retorica associata alla palla ovale, dando nuova linfa al cinema sportivo italiano ed al movimento del rugby azzurro.
Rispondendo gentilmente alle nostre domande Artale ci racconta l’esperienza sul set de “Il terzo tempo” e il suo personale rapporto con il rugby, non tralasciando l’ascesa dal cinema indipendente alla Filmauro, casa produttrice del film, e la scelta del cast.