Lo sport è sicuramente un’evidenziatore della personalità e del carattere dell’individuo “atleta” o del gruppo “squadra“, così come tutto ciò che orbita attorno all’ambito sportivo sottolinea il grado di attitudine socioculturale di un paese e ne caratterizza la forma, il colore e lo spessore civico. L’Italia è purtroppo abituata a fare i conti con avvenimenti che hanno come fulcro la discriminazione razziale e territoriale: dai cori razzisti nei confronti di Balotelli alla chiusura delle curve per gli atteggiamenti antisportivi dei tifosi sugli spalti, la cronaca discriminatoria è all’ordine del giorno.
L’odine del giorno, però, può destare stupore quando il razzismo entra prepotentemente in scena in uno sport dove da sempre il rispetto ed il fair play sono cavalli di battaglia e principii di valore assoluto: il rugby.
La denuncia non arriva dai massimi livelli della palla ovale (dove i vigili controlli coadiuvati dalle pesanti squalifiche provano ad arginare il problema) ma da un campo della periferia a sud di Roma: lo “Stadio del Rugby di Corviale“.
Durante l’ultima partita del campionato di Serie C, giocata domenica 1 dicembre, due giocatori dell’Arvalia Villa Pamphili Rugby Roma, Mosese Tavutunawailala e Davide Fernandes dos Santos, sono stati più volte vittime di ingiurie a sfondo razziale da parte dei giocatori della Roma Urbe, la squadra ospite. Il direttore di gara, conscio degli avvenimenti, non ha voluto prendere provvedimenti lasciando che le provocazioni sfociassero in rissa alla metà del secondo tempo, quando la vittoria della squadra di casa era ormai ipotecata. L’unico a rimetterci è stato proprio uno dei due giocatori insultati per tutto il match: Mosese, fijiano, che è stato espulso per aver più volte colpito un avversario con dei pugni, gesto ingiustificabile ma senza dubbio frutto delle ripetute provocazioni.
Nella mattinata di oggi la società romana che da anni si occupa della crescita sportiva e umana dei suoi atleti nonché della riqualificazione del territorio periferico della capitale, ha voluto diramare un comunicato di denuncia e condanna per quanto avvenuto durante l’incontro: “La Società, in conformità con la sua missione e lo spirito di questo sport, tiene a sottolineare il totale ripudio di qualsiasi forma di discriminazione razziale, sessuale e territoriale condannando fermamente l’avvenimento della scorsa domenica.” Tiene a precisare la squadra capitolina che poi aggiunge: “L’Arvalia Villa Pamphili crede che spiacevoli eventi come questo, accaduto di fronte ad un centinaio di tifosi, appassionati, bambini e futuri rugbisti, possano ledere l’immagine di uno sport che vanta una tradizione di rispetto e fair play non assimilabile a nessun’altra disciplina.”
Il comunicato ufficiale non è la sola voce “alzata” dalla squadra di Corviale. Il presidente della società Salvatore Gallo, infatti, ha voluto “strillare” l’accaduto alla Federazione Italiana Rugby ed al Comitato Regionale del Lazio attraverso una lettera che pare indirizzata non solo agli organi ufficiali ma a tutto il mondo del rugby e dello sport: “E’ mai possibile che un insulto a sfondo razziale così vergognoso, mortificante per la dignità delle persone, contrario a qualsiasi diritto civile ed umiliante per l’etica del rugby, seppur dichiaratamente percepito dal direttore di gara non venga punito ?” Si chiede Gallo dopo aver denunciato il fatto e continuando:”Probabilmente anche i due ragazzi coinvolti si sarebbero sentiti quantomeno tutelati nel rispetto della loro persona, indipendentemente dal gioco del rugby“. Afferma il presidente “Villano” ribadendo poi la voglia di condannare l’accaduto:”Non farò’ alcun ricorso ma voglio denunciare con forza questo episodio che rischia , se non valutato correttamente e arginato con decisione e fermezza , di innescare un meccanismo pericoloso che pregiudicherebbe il buon lavoro sul piano educativo di tante società.”
Ancora una volta lo sport italiano si macchia di un episodio di violenza verbale e odio razziale, argomenti che non sono stati quasi mai al centro di polemiche nel mondo della palla ovale. Troppe volte però l’universo del rugby, almeno in Italia, ha aperto la porte a chi si è riempito la bocca e gonfiato il petto di parole, valori e principii che non appartengono e non rispecchiano l’effettiva ignoranza tacita di chi rincorre gli ideali della discriminazione, dell’odio e della violenza. Augurandoci di non dover più commentare fatti di questo tipo, non possiamo fare altro che aspettare la risposta degli organi ufficiali sperando in un provvedimento esemplare che estirpi, già alla radice, questo male.