Con l’uscita della resuscitata Forza Italia dalla maggioranza a seguito della decadenza di Berlusconi da senatore, molti sostengono, premier Letta compreso, che il governo si sia rafforzato, perché per la stabilità di un esecutivo più che i numeri conta la coesione tra le forze politiche. Certamente, la maggioranza, in questa fase, è più compatta, ma non per questo più omogenea. Il riferimento è alla presenza nel governo del Nuovo Centrodestra di Alfano, col quale il Pd, l’attuale azionista di maggioranza del governo Letta, ha dovuto stringere un’alleanza di necessità e di servizio al Paese.
Fin qui la teoria. Nella pratica è evidente che il Partito democratico guardi con sospetto l’ex delfino del Cavaliere, l’Angelino del lodo Alfano e delle leggi ad personam. Perché la questione attualmente sul tavolo della discussione è se davvero Alfano abbia intenzione di prendere le distanze dalla “personam” di Arcore. Il pericolo che avverte il Pd in vista delle prossime elezioni nazionali è quello di condividere con il Nuovo Centrodestra scelte impopolari e prestare il fianco agli attacchi mediatici di Forza Italia.
Alfano e i suoi ministri si sono mostrati da sempre leali con il premier; inoltre, al momento, sembrano non poter contare su alcuna collocazione alternativa a quella di maggioranza, vista l’aria che tira nei loro confronti dalle parti di Forza Italia. Eppure non è piaciuta a nessuno la dichiarazione di Alfano nella quale sosteneva che il NCD non ha i numeri per sostenere da solo l’esecutivo Letta, ma ha i numeri per mandarlo a casa. Da qui la risposta pronta del più accreditato candidato a vincere le primarie per la segreteria del Pd, Matteo Renzi, che ha voluto subito mettere le cose in chiaro. Alfano avvisato, mezzo salvato, verrebbe da dire.
A dettare l’agenda del governo Letta sarà il Pd. Tesi accattivante per il pubblico delle primarie, ma insidiosa per il presidente del Consiglio in carica e per il suo governo. Anche perché Renzi non ha mai nascosto che il suo obiettivo, Letta o non Letta, è quello di guidare il Paese. Magari al più presto. Di qui il proposito di mettere alla prova sui fatti e sui tempi (subito la nuova legge elettorale) l’Esecutivo e la maggioranza.
Renzi ha ribadito che, se segretario, non resterà a guardare il governo, non si farà logorare, ma detterà l’agenda, che andrà ricalibrata sulla nuova maggioranza. Una sorta di nuovo patto. Sarà una «priorità» cambiare la legge elettorale, la scuola e il lavoro: «Nel 2014 dovremo approvare un Jobs Act per una rivoluzione nel lavoro e nella formazione». E ha rivendicato: «Sono molto più di sinistra di tanti che fingono di esserlo e contribuirò ad un cambio radicale del Paese, in modo che dal giorno dopo le primarie nulla sia più come prima, non soltanto a livello di Pd ma anche di governo. “Se non si fa quello che chiediamo noi: finish“.
Mostra i muscoli ad Alfano, che ha provato a replicare, sostenendo che Renzi vuole la poltrona di Letta, ma al momento, nell’attuale scacchiere politico, il rapporto di forza tra Pd e NCD è troppo sbilanciato a favore del primo. Lupi, come portavoce di Forza Italia, ha chiesto ad Alfano di non perdere la propria dignità, riconoscendo che il NCD non conta nulla e che a comandare sarà Renzi. E ad oggi questo sembra essere l’unico collegamento con il precedente governo: l’insostenibile leggerezza dell’essere di Alfano.