La riapertura di alcune catacombe romane ha riacceso, tra gli studiosi, il dibattito sul sacerdozio femminile nelle prime comunità cristiane.
Dopo cinque anni di restauri sono di nuovo a disposizione di studiosi e visitatori a Roma le catacombe di Priscilla, risalenti al II-IV secolo dopo Cristo, che raccolgono oltre 700 frammenti di sarcofagi di età tardo imperiale.
La ristrutturazione delle Catacombe di Priscilla ha fatto subito parlare di sè, per una scoperta che potrebbe modificare la storia della Chiesa.
I restauri hanno permesso di rivelare maggiori particolari sugli affreschi di queste catacombe, che sembrano dar credito alla “voce” che anche le donne fossero ammesse al sacerdozio attivo tra i primi cristiani.
In queste catacombe cristiane, utilizzate fino al V secolo dopo Cristo, sono presenti numerosi affreschi nei quali vengono raffigurate donne che officiano atti liturgici.
Il Vaticano nega che le figure femminili presenti nelle catacombe possano essere state delle ‘donne prete’, riaprendo di fatto la annosa polemica sul ruolo delle donne nella Chiesa.
Alcuni affreschi mostrano dei gruppi di donne che, per alcuni studiosi, sembrano svolgere dei riti religiosi, fungendo da sacerdotesse. In una di queste, il Cubiculum della Velata, compare l’immagine di una donna con le braccia aperte come se stesse celebrando una messa. La figura indossa quello che alcuni studiosi ritengono essere gli indumenti propri dei sacerdoti. In una seconda stanza, la cosiddetta Cappella Greca, un gruppo di donne sono sedute ad un tavolo, tengono le braccia aperte e celebrano quello che sembra essere un banchetto.
Le organizzazioni fautrici del sacerdozio femminile, come la Conferenza per l’Ordinazione delle Donne e l’Associazione Cattolica Romana delle Donne Sacerdoti, sostengono che queste scene sono la prova dell’esistenza, tra i primi cristiani, di una forma di sacerdozio femminile.
Fabrizio Bisconti, della Commissione Archeologica Vaticana, ha, invece, affermato che l’affresco della donna con le braccia spalancate rappresenta una donna deceduta arrivata in paradiso, mentre le donne sedute a tavola stanno semplicemente prendendo parte ad un banchetto funebre.
Le Catacombe di Priscilla sono state scoperte nel XVI secolo e sono note per la presenza della più antica immagine conosciuta di Madonna con Bambino, risalente al 230-240 d.C..
Il percorso delle gallerie è scavato nel tufo e le sepolture – databili ad un periodo compreso tra il II e il IV secolo d.C. – sono disposte su più livelli.
Questo cimitero chiamato la “regina catacumbarum”, è dedicato alla nobildonna Priscilla, che la indica come benefattrice della comunità cristiana di Roma.
Negli ultimi 20 anni il patrimonio pittorico delle catacombe di Priscilla è stato interamente recuperato, rivolgendo particolare attenzione al restauro del cosiddetto “Cubicolo di Lazzaro”. Si tratta di un ambiente rettangolare, noto fin dai primi anni del 900 che si trovava in condizioni di degrado.
L’imponente affresco custodito in questo luogo, databile al IV secolo, è posto nel cimitero sotterraneo vicino alla Basilica papale San Silvestro.
Grazie alla tecnica del laser, le immagini sono tornate alla luce svelando sulla parete destra la scena della resurrezione di Lazzaro, avvolto dalle bende, affiancato da Cristo dipinto senza barba. Sopra la parete che ospitava tre tombe si trovano invece il volto della defunta affiancata da Pietro e Paolo che presentano altri due morti, presumibilmente i figli della donna, e ai margini altri due personaggi che siano Felice e Filippo.
Il restauro delle Catacombe è stato curato dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ed è stato presentato dal cardinale Giafranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, insieme a una rappresentante di Google che ha spiegato come i cunicoli saranno visitabili anche tramite una nuova sezione di Google Maps, View Priscilla.
“La cultura antica può avere e trovare tante strade per incrociare la contemporaneità” ha sottolineato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura a ‘repubblica.it’.
“Le catacombe costituiscono un grande fascino e non solo per gli studiosi – continua Ravasi – dobbiamo rilanciare il desiderio di ridiscendere nei luoghi oscuri e luminosi del sottosuolo romano“.