I non più ragazzini come me ricorderanno senza dubbio l’alone viola che circondava i sieropositivi in un celebre spot televisivo della fine degli anni ’80.
La pubblicità, accompagnata da una colonna sonora angosciante, spiegava che l’AIDS poteva essere trasmesso attraverso lo scambio di siringhe infette tra tossicodipendenti e attraverso i rapporti sessuali con partner occasionali. La voce fuori campo terminava redarguendo i libertini e affermando che fare sesso con più persone era un comportamento a rischio e che, in tal caso, era almeno consigliato l’utilizzo del preservativo.
Quel primo tentativo – un po’ impreciso – di sensibilizzare l’opinione pubblica su una pandemia che si diffondeva a macchia d’olio riusciva ad avere su noi bambini un effetto pietrificante. Per molto tempo, i discorsi sul sesso (che ancora nessuno di noi praticava) erano pieni dell’innocente timore di contrarre la brutta malattia attraverso anche i più innocui scambi d’affetto.
Alzi la mano chi è stato protoadolescente in quei tempi là e non ha discusso, almeno una volta, sulla possibilità di contrarre l’HIV solo con un bacio.
Ricorderò sempre, il caso di una compagna di scuola che ci terrorizzò un intero pomeriggio, ventilando l’ipotesi di ammalarsi attraverso un morso di zanzara.
La comunicazione sulla malattia è cambiata nel tempo. Resta sempre valido lo slogan “se lo conosci, lo eviti. Se lo conosci, non ti uccide”, ma i toni allarmisti sono stati sostituiti da un’informazione più precisa e meno apocalittica.
La mia percezione è che negli ultimi anni si sia abbassata la guardia nei confronti dell’HIV e dell’AIDS. Siamo sicuramente più informati e forse, per questo motivo, iniziamo a essere più disinteressati al problema. Molte persone si sentono immuni dalla malattia e non attuano alcun tipo di prevenzione, altri sono disinformati e non conoscono i rischi e molti ritengono che il buon senso sia più efficace del profilattico.
È come se si fosse diffusa la convinzione che la malattia non sia più un problema, che sia stata debellata, che si possa curare o che non esista più.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ci sono circa 160.000 persone che convivono con l’HIV e più di 30.000 non sanno di avere l’infezione. Ogni due ore viene infettata una persona e i casi nuovi diagnosticati ogni anno sono circa 4000.
No, non sono pochi.
Perché l’AIDS non si può curare: i farmaci antiretrovirali riescono solo a ritardare il peggio e non esiste ancora un vaccino. E perché chiunque può contrarre il virus, anche tu che rimorchi quel barista carino e pensi va be’, cosa vuoi che sia questa volta senza…
Il 1° dicembre è la Giornata Mondiale della Lotta contro l’AIDS.
A differenza di molti cinici, sono a favore delle giornate commemorative, perché sono spesso l’unico modo per stimolare la nostra memoria su argomenti che rimuoviamo con facilità.
Prima di diventare una convinta monogama (e appendere il perizoma al chiodo), mi sottoponevo con regolarità ai test e spendevo un bel gruzzoletto in cappottini di lattice, soprattutto dopo aver constatato che gran parte degli uomini, soprattutto over 40, fa davvero fatica a usare metodi contraccettivi.
Le scuse più spiazzanti per non usare il goldone che mi è capitato di sentire sono state “io prima guardo bene in faccia la donna e capisco se è malata”, “non ti infetti se ti lavi subito dopo”, “sono sano, FIDATI!”, “tranquilla, sono sposato”.
E poi ci sono anche gli amici che non fanno il test perché “preferisco non sapere. “Tanto, se ormai ce l’ho, che cambia?”.
Il World AIDS Day 2013 fa proprio per loro. Sarà un’occasione per scoprire che il problema non è sparito, che riguarda sia eterosessuali che omosessuali, che possiamo fare la nostra parte per preservare la nostra salute e quella del nostro partner, che le persone che hanno contratto il virus sono in grado di vivere normalmente, senza essere considerati una minaccia.
Sarà un momento per prendere coscienza che essere informati è un gesto d’amore, verso noi stessi e verso le persone che amiamo.
Lo so, lo so, che sembro una madre apprensiva, però basta davvero molto poco per conoscere e proteggersi.
Il viola, in fondo, è un colore che non sta bene addosso a nessuno.
[Credits immagine: humanitarian.worldconcern.org]