Gli italiani percepiscono in maniera chiara il rischio del furto di informazioni anagrafiche, sanitarie e, soprattutto, economiche. Questo quello che emerge dai dati dell’Osservatorio Cermes Bocconi-Affinion. E sulla carta potrebbe essere un dato positivo. Purtroppo, però, se ai timori non seguono le precauzioni il rischio resta invariato. Sono pochissimi gli italiani ad agire per proteggere realmente i loro dati online.
Quando si parla di protezione dati personali, la prima cosa che viene in mente è la password. La “parola d’accesso” (sia per l’email, sia per Facebook) andrebbe cambiata spesso, almeno una volta al mese.
Quanti italiani cambiano la password di frequente? Uno su tre, il 27%. Una percentuale irrisoria.
Solamente il 23%, invece, possiede file criptati o un’agenda da tenere in caso di furto-informazioni o problemi al computer: un dato che fa capire quante persone siano a forte rischio di attacchi hacker.
L’Osservatorio che ha rilevato questi dati ha poi diviso in 4 categorie gli italiani, in base al loro rapporto con la sicurezza “elettronica”: persone che danno scarso peso alla protezione dei dati, per lo più uomini, benestanti, tra i 50 e i 59 anni, per un totale del 25% sulla popolazione; persone che conoscono il problema ma non sono coscienti della diffusione di “attacchi” ai dati, soprattutto fra i 30 e 49 anni, che corrisponde al 15% della popolazione; coloro che sono attenti e proteggono dati e informazioni, ovvero per lo più ragazzi dai 18 ai 29 anni, per un totale del 22% sulla popolazione; ansiosi, gli impauriti dall’essere “derubati”, ma poco protetti e, quindi, ad alto rischio, ai quali corrisponde un 38% sul totale della popolazione.
In definitiva si può dire che molti italiani conoscono in buona parte i rischi che si corrono online, ma non riescono a proteggersi a dovere, un po’ per ignoranza e un po’ per pigrizia.