Era il 31 agosto quando Radoslaw Czerkawski abbandona il suo pitbull morente sul bordo di una strada di Quincy nel Massachussets. L’animale era copertto di sangue, aveva diciassette ferite, lividi, ustioni e non si reggeva sulle zampe per via delle ossa rotte.
Gli è stato prestato subito soccorso da un passante che ha cercato di salvarlo portandolo dal veterinario più vicino, ma perKiya, questo il nome del cane, oramai era troppo tardi e si decise di aiutarlo a morire per evitargli ulteriori sofferenze.
Per il veterinario, un uomo avvezzo ai malanni degli animali, fu subito evidente che la sola cosa che poteva aver causato così tante ferite tutte insieme era la furiosa tortura da parte di un uomo, come ha mostrato in dettaglio il Daily Mail con la pubblicazione delle fotografie.
La vicenda negli Stati Uniti ha fatto molto scalpore ed ha portato alla cattura del trentaduenne dopo un’analisi dei peli di cane e di alcune macchie di sangue ritrovate nel suo appartamento.
Così come raccontanti dalla CBC Boston, da lì l’arresto, durante il quale Radoslaw Czerkawski si è dichiarato non colpevole nonostante la schiacciante evidenza delle prove e dei fatti a suo carico.
E quindi la richiesta di condanna: “Per l’abominevole e scellerato atto di maltrattamento e tortura di un animale è condannato a 55 anni di carcere”.
Undici i capi di imputazione, 5 anni per ogni capo di accusa, 55 anni totali, una sentenza epocale ed esemplare che restituirebbe la dignità e il rispetto di “essere vivente” al pitbull così pesantemente torturato.
Nonostante la richiesta di condanna l’uomo, che nonostante l’arresto e le prove non ha mi dimostrato nessuna forma di pentimento, tutt’ora si considera innocente.
Un episodio che ancora una volta di più fa riflettere su chi debba essere davvero definito “animale”.
Ma almeno per questa volta la giustizia potrebbe pareggiare i conti i conti, restituendo a Kiya il valore della sua vita, purtroppo ormai spezzata.