Scandalo in Piemonte, chiesto rinvio a giudizio per Cota

Ennesimo scandalo politico all’italiana, questa volta ai vertici della regione Piemonte. Coinvolto il presidente della regione Roberto Cota, importante esponente della Lega Nord. Secondo i pm, avrebbe organizzato cene non legate a motivo istituzionale per un valore totale di oltre 20.000 euro, circa 500 al mese. E sono stati proprio i Pubblici Ministeri della Procura di Torino a iscrivere Cota nel registro degli indagati di un’inchiesta che va avanti ormai da più di un anno.

Questa vicenda si snoda attorno ad una storia più ampia che vede indagati e accusati di peculato 52 su 56 consiglieri regionali. Ma non sono solo cene e pranzi a costituire irregolarità, i consiglieri in questione avrebbero utilizzato i soldi pubblici per l’acquisto di televisori, elettrodomestici, vacanze solarium e addirittura colf, inserendole in nota spese. Oltre a Cota sarebbe quasi tutta la maggioranza di centrodestra ad essere indagata, per quanto riguarda i consiglieri del Carroccio non c’è nessuno a non essere sotto indagine. Si parla di cifre spropositate, per il gruppo Lega siamo a circa 300.000 euro mentre per il solo PDL la cifra si attesta sui 700.000.

Gli avvocati di Cota e della Lega hanno imposto la linea dura in risposta alle indagini, infatti quasi tutti i consiglieri non si sono presentati agli interrogatori della Procura. Per quanto riguarda i consiglieri dell’opposizione tutti i dubbi sono stati chiariti: quasi tutto il Partito Democratico ha fornito spiegazioni soddisfacenti e i due consiglieri del Movimento 5 Stelle Biolè e Bono sono stati scagionati dalle accuse.

Ma a fare ancora più impressione è la cifra totale che ha fatto scoppiare lo scandalo che si attesta ben oltre il milione di euro. Ora si attende che la Procura invii l’avviso di chiusura delle indagini agli interessati, ossia quella comunicazione che notifica agli interessati della richiesta al Tribunale inerente al loro rinvio a giudizio. Certo è che in tempo di crisi la politica sta continuando ad abusare dei soldi dei cittadini per motivi tutt’altro che istituzionali.

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