18 anni da Presidente e una vita da tifoso: uno slogan che sarebbe perfetto per riassumere la storia infinita tra Massimo Moratti e l’Inter, una storia di passione vera, di amore incondizionato, una storia fatta di alti e bassi, ma che di sicuro lascerà un ricordo indelebile nel cuore di ogni appassionato ai colori nerazzurri. Venerdì è andato in scena l’ultimo atto della vita da proprietario di Moratti (che rimarrà solo da Presidente onorario) con il passaggio formale della maggioranza delle quote del club nelle mani del triumvirato indonesiano composto da Thohir, Soetedjo e Roeslani, che avrà il compito di riportare i colori nerazzurri sul tetto del mondo ed espandere il business per “rendere l’Inter un club in salute dal punto di vista economico e finanziario per competere a livello internazionale“.
Ma l’Inter non può essere solo un business su cui investire o un brand da espandere nei paesi emergenti per acquisire nuove quote di mercato. Massimo Moratti lo ha ribadito quando ha affermato che “l’Inter non è la squadra dei dirigenti o di una persona, è un sentimento che si trasmette ai tifosi, ai giocatori e quello che diventa passione, ricordo“, lo stesso Thohir se ne sta rendendo conto già dai primi giorni e sembra aver imparato la lezione, visti i continui riferimenti alla passione nutrita sin da giovane nei confronti della squadra all’epoca guidata dai grandi tedeschi Brehme e Matthaus.
Dietro i colori nerazzurri c’è un patrimonio sconfinato di sedimentazioni sentimentali, di dolori e gioie vissuti da milioni di sostenitori e da decine di grandi calciatori che hanno dato ogni goccia del loro sudore in campo, e una figura di Presidente come Moratti, capace di unire l’anima romantica del tifoso a quella dell’imprenditore facoltoso, ha rappresentato il club in modo forse irripetibile ed è riuscito ad ottenere risultati eccellenti, pur avendo commesso a volte errori non trascurabili.
Una vita in nerazzurro
Per lui, cresciuto a pane e Inter alle spalle del padre Angelo negli anni della grande Inter di Herrera, la parte relativa al business è sempre stata rilegata in secondo piano. Sin dal 25 Febbraio del 1995, giorno del suo insediamento al vertice, non si è mai tirato indietro nell’acquistare alcuni dei migliori calciatori sul mercato e nell’esonerare allenatori, anche se poi a fine anno i conti andavano ripianati di tasca propria. La signorilità e la correttezza sono sempre state caratteristiche peculiari di Moratti, fin dal modo in cui ha sempre trattato i giocatori, più spesso come figli che come dipendenti, che a volte gli è costato cocenti delusioni.
Dopo lo scoperchiamento del “vaso di Pandora” moggiano è riuscito ad ottenere le vittorie da sempre inseguite, culminate con l’indimenticabile annata del triplete. Per un passionale come lui accettare l’addio di Mourinho è stata una forzatura, come quella di un innamorato lasciato dalla persona amata che cerca consolazione tra le braccia di altre donne. Il legame con l’allenatore portoghese si è riversato ancora di più sulla squadra da lui costruita, ed è stata un freno decisivo al cambiamento che si imponeva vista l’età media e il logoramento di molti degli elementi della rosa. Gli anni successivi sono stati poco felici, e la difficoltà sempre maggiore nel competere con club con fatturati doppi o addirittura tripli ha portato all’arrivo del magnate indonesiano Thohir, subentratogli dopo un’estenuante trattativa durata quasi 6 mesi.
Sta all’indonesiano e al suo management riuscire a riportare l’Inter in alto, con la consapevolezza che un altro Massimo Moratti, nel bene e nel male, non ci sarà più.
Foto: interlive.it