La tessera del tifoso rappresenta indubbiamente una delle soluzioni burocratiche più discusse e controverse del panorama calcistico moderno. Se lo scopo iniziale di prevenire incidenti ha avuto ampi riscontri, con i disordini calati del 25% secondo i dati del Viminale, lo stesso non si può dire dei disagi che la TdT stessa ha provocato in questi anni alle migliaia di persone che avevano il diritto di assistere ad una normale partita di calcio.
L’ultimo episodio, un vero e proprio teatro dell’assurdo, si è verificato in questo week end, quando si è disputato il derby dell’Emilia Romagna tra Modena e Carpi. Le due città distano circa 20 km l’una dall’altra e la questura, allarmata per i possibili disordini, ha deciso di prendere delle misure preventive davvero complicate. I supporter dei due team sono stati infatti divisi in ben sei categorie in base al possesso della tessera, della residenza a Modena, della residenza a Carpi o della residenza in altre città. Alla faccia della tanto discussa discriminazione territoriale.
I tifosi del Carpi oltretutto sono stati obbligati a giungere allo stadio su dei bus speciali, accompagnati dagli steward e scortati dalla polizia all’interno dello stesso, in quanto disposti non nel settore ospiti ma mischiati con i tifosi del Modena, non avendo la tessera del tifoso. Un labirinto di restrizioni che ha avuto come unico effetto quello di allontanare i tifosi dallo stadio, con il derby che, nonostante mancasse da 15 anni, ha registrato solamente 6000 spettatori.
Lo stesso presidente della Lega di Serie B Abodi si è poi così espresso”Stiamo pericolosamente scivolando dalla cautela all’allarmismo. Se militarizziamo gli impianti e rendiamo la vita difficile a chi vuole assistere a una partita tradiamo il nostro principale obbiettivo: riempire gli stadi e allo stesso tempo renderli sicuri“. Episodi come questo purtroppo accadono sempre più di frequente negli stadi italiani e spesso sono la causa iniziale di problemi ben più gravi come vi abbiamo ampiamente raccontato nel caso Salernitana-Nocerina.
Il presidente del consiglio Enrico Letta ha di recente espresso la volontà di adottare al più preso un nuovo provvedimento di legge sulla questione tifo/stadi. L’auspicio è che la riflessione prima di prendere in considerazione qualsiasi scelta sia profonda e ben ponderata. L’Italia è l’unico paese al mondo ad adottare misure preventive come la schedatura tramite tessera del tifoso.
I dati riguardo gli spettatori paganti sono sotto gli occhi di tutti. Non più di 5 o 6 anni fa squadre come Catania e Bari erano in grado di portare a Roma più di 10.000 tifosi festanti.
Uno spettacolo bellissimo ed affascinante anche per chi sceglieva di guardare la partita in televisione.
Si parla spesso di modello inglese, di stadi tedeschi pieni, di un calcio spagnolo che nonostante la crisi economica continua a portare gente allo stadio ed allora è utile ricordare che questi paesi non ingabbiano i tifosi con questa burocrazia mastodontica e nemmeno con provvedimenti restrittivi così pesanti.
Sia chiaro, chi sbaglia è giusto che paghi, ma fino a che punto repressione e prevenzione sono legittimate a spingersi?
L’ultima idea avanzata da qualche società ed appoggiata a pieno dalle istituzioni è quella di consentire l’accesso ai bambini nelle curve chiuse. Iniziativa bella, lodevole, non fosse che lo stesso bambino potrebbe essere quello a cui erano state sottoposte tutte le restrizioni del caso del derby emilano. Mettiamoci nei panni di un padre che deve spiegare al figlio che lui allo stadio di Modena non può andare perchè residente a Carpi. Follia.
I club e le istituzioni sono spesso impegnati a farsi la guerra per spartirsi i diritti televisivi, fondamentali per il sostentamento economico del calcio. Spesso sembrano dimenticare che il calcio è nato e vive anche e soprattutto grazie alla gente. Vive di un sostentamento fatto di emozioni, passione e sentimenti, che non vanno uccise, ma salvaguardate.