Asghar Farhadi: ai più, questo nome non sarà ancora ben noto. Eppure, questo quarantunenne regista iraniano ha già vinto un Oscar, nel 2012, per il miglior film straniero, con Una separazione. Il prossimo febbraio ci riproverà, perché anche la sua ultima opera, Il passato (Le passè, produzione francese) è stata scelta per rappresentare l’Iran nelle corsa ala statuetta per la miglior pellicola in lingua non inglese.
Il passato si apre con una scena emblematica: il terminale d’arrivo dell’aeroporto di Parigi, cornice del ritorno di Ahmad (Ali Mosaffa), iraniano tornato in patria, che viene richiamato dall’ex-moglie Marie (Berenice Bejo), per sbrigare le pratiche burocratiche relative al divorzio. Marie è infatti in procinto di risposarsi, con Samir (Tahar Rahim), un uomo la cui moglie si trova in stato di coma, dopo aver tentato diversi mesi prima il suicidio.
L’accaduto procura ancora dolore e il ritorno di Ahmad, che ha instaurato un buon rapporto sia con Fouad, figlio di Samir, che Lea e Lucie, le figlie di Marie, non fa che acuire i conflitti pendenti e soprattutto rendere ancor più drammatica la situazione da limbo vissuta da Samir.
Il passato che ci viene mostrato da Farhadi è impossibile da dimenticare.
Non tanto perché manchi la forza di guardare avanti, ma perché le tracce del tempo che è andato, quelle più profonde, non si ridurranno mai ad impercettibili segni residui. Rimarranno invece ineluttabilmente in superficie, inestirpabili come un tumore maligno, incisi come le leggi sulle tavole. Perché l’anima è un foglio bianco solo non appena si nasce. Quando si è già adulti, essa ha più le sembianze di un caotico campo minato.
Pur patendo alcuni cali di ritmo e a tratti il suo approccio ultraconvenzionale, la pellicola di Farhadi fa della profondità dei propri personaggi il suo punto forte. Il regista iraniano, che firma anche soggetto e sceneggiatura, insiste, come nelle sue opere precedenti, su un’introspezione psicologica convincente e radicale, senza però annacquare la vicenda o dimenticare per strada qualche personaggio.
E questo anche grazie ad una performance di alto livello di tutto il cast, partendo dalla tormentata Berenice Bejo (Palma d’oro a Cannes) fino a Tahar Rahim (Il profeta) e l’iraniano Ali Mosaffa. Senza dimenticare gli attori più giovani, forse il vero valore in più de Il passato. Ribelli come nei film di Truffuat (Fouad), rassegnati come da tradizione neorealista (Lea), i bambini hanno un peso specifico importante nello sviluppo dell’opera, niente affatto come oggetto del contendere, bensì come soggetti pensanti e attivi.
“Non ne sento lo stress, l’esperienza passata mi ha insegnato che devo continuare a fare il mio lavoro. Io propongo, ma non insisto” afferma Farhadi a proposito della candidatura all’Oscar.
Sotto sotto però lui il bis lo sogna. E vista la qualità del film, non sarebbe nemmeno uno scandalo.