“C’è stata una rigidità eccessiva nell’interpretazione del regolamento”.
Parte così il contrattacco del presidente della Federazione Italiana di Atletica Leggera, Alfio Giomi, in merito alla clamorosa esclusione di Pietro Mennea, scomparso lo scorso 21 marzo, iscritto agli annali sportivi come la “freccia del Sud”, dalla Hall of Fame della IAAF (federazione internazionale atletica).
Istituita nel 2012, la “lista degli immortali” dell’atletica, si vede così orfana di un’autentica leggenda, un mito per una nazione, che ha segnato un’epoca con le sue imprese ed i suoi trionfi memorabili. Come si possono dimenticare il record mondiale datato 1972 sui 200 mt, in 19″72, l’oro olimpico di Mosca 1980, il titolo europeo nei 100 mt e nei 200 mt, addirittura nella stessa rassegna continentale del 1978.
Stiamo parlando di un atleta che nella competizione europea sopracitata, riuscì fra eliminatorie e finali, a disputare 10 gare nel giro di 6 giorni, con uno straordinario 44.4 nell’ultima fatica, una frazione della 4×400; e in quanto ha ottenuto dopo i Giochi olimpici di Mosca (1980): 8 gare di 200 nel giro di circa cinquanta giorni, in Europa e in estremo Oriente, vincendo sempre, con una media di 20.07.
Mennea ha avuto poi una brillante carriera anche in campo politico-professionale, approdando al Parlamento Europeo. Nonostante tutto questo, Pietro Mennea, non ha le carte in regola per approdare tra i campioni dell’atletica del passato.
Ma quali sono i requisiti minimi per entrare di diritto nella Hall of Fame? Secondo la Federazione internazionale, per essere inclusi occorrono nel proprio palmarès almeno la vittoria di due ori tra Olimpiadi e Mondiali, oltre ad un primato del mondo.
Per il presidente Fidal, Alfio Giomi, c’è un vizio di forma nella valutazione dei criteri di ammissione alla Hall of Fame: “Mennea nella sua storia sportiva ha potuto partecipare solamente a un campionato del mondo, quello del 1983, dove prese l’argento. Chiederò dunque che la posizione di Mennea venga ripresa in considerazione alla luce di un regolamento che in questo senso non tiene conto di questa situazione – precisa il presidente Fidal -. A tutti gli atleti che hanno smesso prima del 1982 bastava vincere una olimpiade e un primato del mondo per avere i requisiti, chi si è trovato dopo doveva avere anche un titolo mondiale, ma lui ha avuto una sola occasione nel 1983. Confido che in futuro possa essere inserito nella Hall of Fame, dove merita di stare. Faremo di tutto per il riconoscimento, è doveroso prenderlo in considerazione per tutta la sua storia“.