I ricercatori del dipartimento per le malattie infettive del National Institute of Health, insieme a quelli del Beth Israel Deaconess Medical Center, alla Harvard School of Medicine, al Massachussets Istitutes of Technology e dell’Us Army Medical Research Institute of Infectious Diseases, sotto la coordinazione di Dan Barouch, hanno annunciato di aver scoperto il modo per rendere innocuo il virus dell’AIDS, una volta che è entrato nell’organismo, e di proteggere, con un’alta percentuale di successo, quelli che non sono stati ancora infettati. L’annuncio è arrivato dalla prestigiosa rivista scientifica Nature, scatenando dubbi e perplessità sull’efficacia del trattamento.
Questi risultati sono stati raggiunti, al momento, non sull’uomo, ma sulle scimmie, testando il loro metodo non contro l’Hiv, ma contro il suo omologo scimmiesco, il Siv. La ricerca è stata possibile, grazie al nesso diretto tra i due virus, anche se non è certo che la strategia messa in atto sia efficace nell’uomo, come lo è stato per le scimmie Rhesus usate nell’esperimento. Barouch e colleghi hanno somministrato un cocktail di anticorpi monoclonali su una ventina di scimmie infette. I risultati? Il virus nelle scimmie è stato neutralizzato nel giro di pochi giorni, la carica virale, cioè la concentrazione del virus nel sangue, abbassata notevolmente, inoltre l’azione del vaccino perdura per settimane, in alcune scimmie anche 250 giorni. Un grande traguardo considerando che la terapia funziona meglio, rispetto agli antiretrovirali oggi in uso.
“Per ora il vaccino funziona sugli animali e non è stato sperimentato sull’uomo – ha commentato Barouch – Lo faremo presto. C’è un passo avanti nella ricerca: gli anticorpi sono riusciti ad “attaccare” il virus in parte dei tessuti dei macachi. L’effetto di questi potenti anticorpi è molto profondo e con risultati mai visti fino ad oggi. Non è stato mai provato un antivirale di tale portata. I nostri dati dimostrano per la prima volta che c’è stata una profonda efficacia terapeutica di potenti Hiv-specifici anticorpi monoclonali nelle scimmie cronicamente infettate da un altamente patogeno virus di immunodeficienza comune a scimmie e uomini”.
I vaccini che fanno parte della nuova strategia colpiscono in maniera differita nel tempo, attraverso tre diverse somministrazioni, tre diverse proteine del virus Siv e anche del suo omologo umano Hiv: Gag, Pol, Env. Proprio Env, ad esempio, è una proteina che si trova sulla superficie, che sembra essere determinante nel riuscire a far scattare i meccanismi di allerta dell’organismo contro il virus. La vaccinazione riduce dell’80% la probabilità che le scimmie hanno di infettarsi ogni volta che vengono esposte al virus e quelle che contraggono l’infezione presentano un numero inferiore di virus circolanti nel sangue. L’esperimento è stato fatto usando un ceppo virale particolarmente resistente e diverso da quello con cui sono stati realizzati i vaccini proprio per simulare al meglio le condizioni di impatto reale del vaccino. Andare a colpire queste molecole avrebbe anche l’effetto di rendere le mutazioni del virus molto più difficili: per il virus dell’Hiv sarebbe quindi più complicato diventare resistente a questo tipo di trattamento, il che costituisce un problema significativo per le attuali terapie standard.
Avendo analizzato questi risultati, gli stessi ricercatori hanno annunciato di essere pronti ad avviare dei test anche sull’uomo, cosa che potrebbe avvenire tra qualche anno. Intanto già si stanno avviando le varie procedure per la scelta dei candidati perfetti per la sperimentazione. Questa scoperta potrebbe rivoluzionare le ricerche, potrebbe aprire la strada ad una nuova rivoluzionaria cura da affiancare alle classiche terapie antiretrovirali o da somministrare indipendentemente per ottenere un controllo migliore e più duraturo sul virus. Inutile dire che la prevenzione e il controllo delle malattie è la prima arma per la distruzione di questa malattia degradante sia nel fisico che nella mente.