Tre omicidi in tre giorni. Al centro il controllo del mercato della droga a Milano. È l’ipotesi più forte su cui gli inquirenti stanno lavorando nelle indagini sul duplice omicidio dei boss Pasquale ed Emanuele Tatone e dell’autista di quest’ultimo, Paolo Simone.
Secondo il questore di Milano, Luigi Savina, l’ipotesi di una nuova guerra di mafia sarebbe da escludere. Quel che è certo, in attesa delle conferme ufficiali da parte della magistratura, è che qualcuno ha preso di mira il clan, trasferitosi a Milano negli anni Settanta da Casaluce, provincia di Caserta, scalando le gerarchie criminali cittadine fino a diventare uno dei nomi forti del traffico di droga.
I corpi di Emanuele Tatone e Paolo Simone erano stati rinvenuti lo scorso 27 ottobre in un campo di Novate Milanese, periferia del capoluogo lombardo. Non si sa se i due abbiano prima incontrato qualcuno o siano caduti in una trappola. In quell’occasione Pasquale Tatone aveva detto che non ci sarebbe stata alcuna faida. Tre giorni dopo la stessa sorte è capitata a lui, ucciso nella sua Ford Fiesta (intestata ad un cittadino egiziano con precedenti penali) davanti ad un bar di Quarto Oggiaro, dove aveva appena finito di guardare la partita del Napoli.
Due le ipotesi sul movente. La prima porta ad un clan calabrese di Bruzzano, Milano nord, che avrebbe messo gli occhi sulla piazza di spaccio di Quarto Oggiaro fin dal 2009, quando la polizia riuscì a smantellare il clan Tatone con una serie di arresti.
L’altra ipotesi porta invece alla prima – e fino ad ora unica – guerra di mafia registratasi a Milano, quando 145 arresti dell’operazione “Terra Bruciata” portarono nei primi anni Novanta alla conclusione di una faida tra le ‘ndrine di Antonio Papalia e Domenico Paviglianiti (legati al gruppo siciliano dei Mannino-Fidanzati) e quelli di Giuseppe “Pepé” Flachi, Franco Coco Trovato e Antonio Schettini, decapitando. Anche allora a fare da detonatore fu il controllo della droga.
Di quel gruppo faceva parte anche Biagio “Dentino” Crisafulli, capomafia a Quarto Oggiaro prima dell’arresto a Nizza nel 1995. Il fratello, Franco, fu ucciso in via Pascarella nel 2009, ultimo reflusso di quella guerra.
Il killer dei Tatone, un 50enne pregiudicato di origine siciliana, sarebbe stato in passato legato proprio al clan Crisafulli, arrestato anche lui nell’operazione “Terra Bruciata”. Uscito di galera si sarebbe messo in affari con Emanuele Tatone nel mercato di “serie b” dell’eroina. Né il killer né i Tatone, infatti, erano ormai considerati nomi importanti del traffico di droga a Milano. Il movente deriverebbe da pagamenti non effettuati né nel business né nella vecchia regola che vuole i boss aiutare – anche economicamente – le famiglie degli affiliati carcerati.
Dopo l’infiltrazione delle mafie nell’Expo2015, lo scioglimento del primo Comune per infiltrazione mafiosa (senza dimenticare processi e la vicenda Lea Garofalo) la città si sveglia con un nuovo capitolo del suo quarantennale rapporto con le mafie.
[Nella foto: l’auto in cui è stato ritrovato il cadavere del boss Pasquale Tatone. Fonte: milano.repubblica.it]