Tra i comparti industriali francesi quello culturale è il più redditizio. Con 74 miliardi di euro generati annualmente, l’industria culturale contribuisce al Pil della Francia più di comparti tradizionalmente forti, quale le telecomunicazioni (66,2 miliardi). I dati diffusi dall’ex gruppo Ernst&Young (oggi EY) parlano chiaro: considerando il fatturato aggregato generato da tutti i comparti dell’entertainment – musica, arte, architettura, cinema, editoria, teatro, games – il 4% del Pil francese è prodotto dalla Cultura.
Lo studio commissionato dalla Siae francese – la Saicem – rivela come la cultura superi i settori da sempre trainanti per la ricchezza nazionale prodotta: dal chimico (68,7 miliardi), alle telecomunicazioni (66,2 miliardi), all’automobilistico (60,4 miliardi), il contributo al Pil – così come all’occupazione – è inferiore alle attese. Attese superate, invece, per l’industria dell’entertainment: si legge che il 5% della popolazione francese è impiegata nel comparto , un dato controcorrente rispetto ai trend degli scorsi anni.
Questi i dati sul fatturato generato per i differenti segmenti che compongono il quadro del settore culturale: arti visive e plastiche (19,8 miliardi); televisione (14,9 miliardi); giornali e media (10,7 miliardi); musica (8,6 miliardi), spettacolo dal vivo (8,4 miliardi), libri (5,6 miliardi), videogiochi (5 miliardi), cinema (4.4 miliardi); radio (1,6 miliardi).
La chiave del successo dell’industria pare essere la coesione e la sinergia tra gli attori del settore. “E’ arrivato il tempo di unirsi tutti insieme”, queste le parole pronunciate oggi dal Presidente della Saicem, Jean Noel Tronc, alla presentazione e consegna del rapporto al Ministro Hollande.
E sulla coesione pare voler puntare anche il Ministro Bray, come si evince dalle misure indicate nel Decreto Cultura, tra le quali spicca il rafforzamento della gestione consortile della istituzioni culturali e la creazione di cabine di regia con esperti in grado di definire linee strategiche condivise tra gli attori del settore.
Intanto i tagli all’industria culturale pesano: secondo il rapporto annuale 2013 di Federculture, dal 2008 a oggi il settore culturale ha perso in tutto 1,3 miliardi di euro. Bray promette di invertire la rotta di questa mortificazione. Un passo obbligato più che strategico se si considera che nel complesso il settore culturale in Italia ha prodotto un valore aggiunto di 80,8 miliardi di euro (5,8 per cento dell’economia nazionale), secondo il rapporto 2013 di Unioncamere e Fondazione Symbola.
Stando ai dati, il comparto culturale in Italia risulta piu’ avanti della Francia. Per rendere solido il risultato occorre capire che l’investimento nel settore è alla base della produzione della ricchezza auspicata: “investire sui beni culturali, che non sono redditizi, serve a creare le condizioni per riempire di contenuti i settori redditizi”, parole di Pierluigi Sacco dello Iulm di Milano.