Prostituirsi a quattordici anni. Anche meno secondo quanto denunciato da un medico a L’Aquila. Le baby prostitute lo farebbero per comprarsi ricariche telefoniche. Il medico avrebbe poi riferito il tutto a Giovanni D’Ercole ovvero al vescovo ausiliare de L’Aquila che a sua volta ha cercato di riportare l’attenzione di tutti, media compresi, sulla triste situazione.
Il vescovo D’Ercole ha rivelato che in corso ci sarebbero già delle indagini a carico della Polizia di Stato che, con discrezione, sta approfondendo il caso. Il prelato ha poi aggiunto di essere venuto a conoscenza di questa situazione grazie a una confidenza e che reputa il fenomeno un danno causato dalla crisi: un’altra espressione della povertà che tante volte non è solo materiale.
Ma può essere solo la crisi economica ad alimentare il mercato della prostituzione minorile? Può una minorenne, una quattordicenne, mettere in vendita il proprio corpo solo perché i genitori non le pagano le ricariche telefoniche?
“Si incoraggino i giovani a parlarne con i genitori. Il disagio deve essere una delle più grandi preoccupazioni per gli adulti” esorta il vescovo del capoluogo abruzzese. No, non può essere solo la crisi economica. Richiamare l’attenzione dei genitori e dei media, ma soprattutto sconfiggere la scarsa attenzione, la fretta e combattere l’insufficiente scambio di comunicazione che non può essere unilaterale: queste le linee guida da adottare per eliminare le conseguenze di un disagio che porta a conseguenze davvero indegne, secondo l’alto prelato.
Osservare i propri figli è un’altra regola. “Il disagio deve essere una delle più grandi preoccupazioni per noi adulti. Si incoraggino i ragazzi a parlare con gli adulti, gli insegnanti, i sacerdoti, gli educatori in modo tale che si possano prevenire certi fenomeni“.
Mentre si attendono i riscontri e i risultati delle indagini sul caso de L’Aquila è comunque bene parlarne, così come riflettere non solo da figlio ma anche e soprattutto da genitore.