Le partite non sono mai semplici, di sicuro non sono tutte uguali, e nello sport, in questo caso nel rugby, si impara a combattere contro ogni evenienza e situazione. A volte i match da affrontare però sono fuori dal rettangolo di gioco. Gli ostacoli si presentano nella vita e sconvolgono le certezze create da anni di sfide vinte ad altissimi livelli.
E’ il caso di Matthew Rees, capitano dei Cardiff Blues e della nazionale gallese che da qualche settimana lotta contro un cancro ai testicoli. Il 22 ottobre la società gallese aveva annunciato che il suo capitano avrebbe dovuto subire un intervento d’urgenza ai genitali senza però sbilanciarsi troppo sulle condizioni del tallonatore, rispettando le volontà di privacy del giocatore gallese.
Ieri, tramite un comunicato ufficiale, i Cardiff Blues hanno confermato lo stop forzato del numero 2, che dopo l’intervento chirurgico dovrà sottoporsi ad uno specifico trattamento anti tumorale, fugando ogni dubbio dei sostenitori gallesi e degli appassionati di rugby.
Matthew Rees, trentatreenne, è un vero monumento del rugby britannico. Inizia la sua carriera nel Pontypridd RFC nella Welsh Premier Division dal 2000 fino al 2003 quando inizia a giocare la Celtic Legue con i Celtic Warriors, squadra nata dalla fusione del suo club e il Bridgend RFC. Dal 2004 ha collezionato 99 presenze e 15 mete con gli Scarlets e in questa stagione è passato ai Cardiff Blues diventandone subito capitano. Con la propria nazionale ha giocato 58 partite segnando 10 mete e partecipando, nel 2007, alla Coppa del Mondo. Nel 2009 si è anche guadagnato l’onore di essere invitato, per tre volte, nei British Lions, la franchigia formata dai giocatori più meritevoli dell’isola britannica.
La notizia della malattia del nazionale gallese, annunciata proprio nel “Movember“, mese della prevenzione e sensibilizzazione delle malattie dell’apparato genitale maschile, ha sconvolto il mondo del rugby. Tanti i messaggi di affetto e sostegno pervenuti alla società gallese ed al tallonatore, che deve andare in meta, stavolta nella partita più difficile della sua carriera.