Sulla decadenza di Berlusconi, sarà voto palese. L’ira del Pdl: “così salta tutto”

Il voto in Senato sulla decadenza di Berlusconi avverrà a scrutinio palese. Come prevedibile il Pdl é partito all’attacco, evocando nuovamente venti di crisi e annunciando una dura battaglia in Parlamento. La Giunta per il Regolamento di palazzo Madama, presieduta da Piero Grasso, ha deciso a favore della trasparenza, stabilendo due principi: prima di tutto, quando si deve decidere sulla decadenza per incandidabilità sopravvenuta di un senatore in base alla legge Severino, il voto dovrà essere sempre palese; in secondo luogo, deve essere manifesto, perché si tratta di un voto non sulla persona, ma sull’integrità del Senato.

Il dispositivo è passato grazie a dei delicati giochi di maggioranza. Si sono espressi a favore 7 componenti (3 Pd, 1 Sel, 2 M5S, 1 Sc), 6 quelli contrari (3 Pdl, 1 Lega 1 Gal e 1 Autonomie). Alla notizia della decisione presa in Giunta dopo quasi quattro ore di riunione, Berlusconi, secondo fonti di stampa, é andato su tutte le furie, tanto che avrebbe disdetto un appuntamento per pranzo con i ministri del suo partito. Immediata anche la reazione dei parlamentari pidiellini, saliti sulle barricate. Per un giorno anche le colombe si sono travestite da falchi e non per Halloween.

A partire dal vicepremier Angelino Alfano che ha dato il via ad un fuoco di fila di dichiarazioni tutte volte ad annunciare ‘battaglia’ in Parlamento. Anna Maria Bernini, relatrice in quota Pdl in Giunta, ha parlato di “un mostro costituzionale” e di “barbariche vendette” contro il Cavaliere. Gli altri componenti della Giunta, Donato Bruno e Francesco Nitto Palma, hanno attaccato il Pd: secondo il primo si è trattato di uno strappo gravissimo e di un precedente pericoloso, mentre il secondo ha chiesto ai suoi colleghi di partito come facciano a stare ancora al governo. Da Renato Schifani a Maurizio Gasparri, tutti gli uomini di Berlusconi hanno minacciato rappresaglie parlamentari.

In realtà un piccolo spiraglio perchè alla fine prevalga il voto segreto esiste ancora. Nonostante la decisione della Giunta, infatti, vige la norma prevista dall’art.113 del regolamento del Senato, che dà la possibilità a 20 senatori di chiedere uno scrutinio non palese nel caso in cui si debba tutelare la corretta applicazione di alcuni articoli della Costituzione: cioè, quelli che vanno dal 13 al 32, fatta eccezione per l’art. 23. Nel caso di Berlusconi, 20 senatori Pdl potrebbero invocare il rispetto dell’art.25 Cost., quello che prevede l’irretroattività della norma, cioè della legge Severino. Ma poi dovrà essere sempre il presidente Grasso a decidere, consultando magari ancora una volta la Giunta, la cui maggioranza, però, è ormai schierata a favore della trasparenza. Il voto sulla decadenza si prevede per metà novembre, anche se si dovrà riconvocare una Conferenza dei Capigruppo per decidere la data.

Il dato politico, al di là delle questioni procedurali, é che la situazione non promette nulla di buono per la salute del governo Letta. Se è vero, infatti, che, in caso di salvataggio di Berlusconi attraverso il voto segreto, l’esecutivo sarebbe stato a rischio per le forti pressioni che avrebbe subito il Pd dalla sua base elettorale, è altrettanto vero che i falchi stavolta potrebbero portarsi dietro le colombe sulla strada della sfiducia a Letta. A meno che dal Colle non si faccia un altro miracolo per riportare la pace oppure puntando ad una nuova maggioranza. Magari quella che si è saldata in Giunta, anche solo per fare la riforma elettorale, Grillo e Casaleggio permettendo.

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