Ho sempre pensato che una delle imprese più difficili da affrontare nella vita sia superare illesi l’adolescenza.
Io non credo di avercela fatta. Non del tutto, almeno. Porto ancora dietro gli strascichi della violenta lotta tra atto e potenza, tra desideri e realtà, tra il bisogno ribelle di libertà e l’immaturità caparbia e pericolosa.
Erano anni spensierati professionalmente, -e solo poi ho capito quale fortuna fosse vivere sotto al tetto di mammà- ma tremendi dal punto di vista relazionale, affettivo, sociale.
Una palestra dei sentimenti. Un ring. Su cui molte volte restavi in piedi da vincitore e molte altre prendevi tanti di quei cazzotti da vederci doppio.
A quell’età devi costruire tutto, tutto te stesso, il tuo immaginario, il tuo mondo, i tuoi sentimenti, la tua idea di amore.
Sono gli anni della sorpresa, della novità, della scoperta. Gli anni in cui ti capita di seguire il gruppo perché è più facile fare la strada tutti insieme, si sbaglia insieme, si condividono le vittorie e le sconfitte e si fa meno fatica.
Purché crediamo tutti nella stessa cosa, abbiamo tutti le stesse convinzioni, lo stesso stile di vita, gli stessi gusti e le stesse idee.
La protagonista di La vita di Adèle (Adèle Exarchopoulos), pellicola di Abdellatif Kechiche che ha trionfato nell’ultima edizione del Festival di Cannes, è un’adolescente.
Quindici anni, una passione per gli spaghetti e il kebab, lo stupido vizio del fumo, l’amore per la letteratura francese, i capelli spettinati e la sciatteria così naïf delle ragazzine belle.
Passa il tempo a spettegolare con le amiche a scuola, a spiare i ragazzi e a leggere i libri che ama. Ha una vita sessuale, ma la vive senza entusiasmo. Come se non ci fosse lei in quel letto stretto della camera di Thomas o di altri ragazzi come lui.
Un giorno, in un bar gay in cui trascorre la serata con il suo più caro amico, incontra Emma (Léa Seydoux), una ragazza dai capelli e gli occhi blu che studia alle Belle Arti, e capisce di desiderarla moltissimo.
Si vedono. Si piacciono. Si innamorano.
È tutto semplice, se si escludono le compagne di scuola di Adèle che la insultano dandole della “lesbica”, la famiglia che crede che Emma sia l’insegnante di filosofia della figlia, le amiche di Emma che ridono della giovane età della nuova innamorata e tutta una serie di problemi che le coppie si trascinano dietro, a prescindere dalla loro composizione. Quei problemi che finiscono per insinuarsi anche nelle storie più belle, le prime incomprensioni, le distanze, le bugie, gli sbagli.
Ho amato molto un aspetto del film di Kechiche. Racconta la relazione tra Adèle ed Emma per quello che è: una storia d’amore.
Non c’è nessun desiderio di psicanalizzare, di etichettare, di mostrare una casistica, di spiegare alcuna dinamica. Le persone si incontrano e si innamorano. Che siano due donne, invece di un uomo o una donna, non fa differenza.
L’amore succede, non è una cosa che si decide.
Nessuno di noi, proprio nessuno, nemmeno tu, ha deciso a tavolino di chi innamorarsi. Ti capita, perché così va la vita, così è il mondo, così è la natura umana.
Ed Emma e Adèle sono umane, umanissime, nelle lunghe scene di amplessi che non hanno niente di volgare o morboso, nelle chiacchiere da fidanzate, nelle insicurezze, nelle risate.
Sono umane quando si feriscono, litigano, si allontanano e si riprendono.
Adèle cresce, coltivando il suo sogno “normale” di fare l’insegnante, mentre la sua ragazza artista vorrebbe che facesse qualcosa di più creativo, di più “gratificante”.
Cresce cucinando per la sua donna e i suoi amici, giocando con i bambini dell’asilo in cui lavora, andando a ballare con i colleghi. Cresce e sbaglia, perché l’età non è altro che un continuo slalom tra le cose giuste e quelle sbagliate, avanti, nonostante tutto.
Diventa una donna, Adèle, e impara che l’amore e i sentimenti sono qualcosa di impetuoso e fragile.
E fa davvero poca differenza, in questo bel film intenso, che la protagonista ami una donna. Perché l’amore è uguale per tutti. Lo viviamo tutti alla stessa maniera, con gli stessi patimenti, le stesse voglie, i desideri e i sogni. L’amore è la cosa più democratica che esista, è un diritto oltre che un bisogno. Per tutti.
E se non l’hai capito, se ancora fai fatica a capirlo, non solo non hai mai superato la tua adolescenza, non hai mai nemmeno superato il test d’ingresso per essere un vero essere umano.