Arriva dal Comitato Nazionale per la Bioetica la conferma del fatto che, nei Centri di identificazione ed espulsione, vengono continuamente negati i diritti fondamentali degli esseri umani, a cominciare da quello alla salute. Si legge testualmente in un rapporto del Comitato che “[i Cie] Andrebbero chiusi [perché] il diritto alla salute degli internati è soggetto a tali limitazioni da rendere dubbio l’uso del termine stesso di “diritto”. Inoltre, dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa arriva un altro dato, questa volta sui costi. Allo Stato, ogni clandestino in attesa di espulsione costa centosessantatre euro al giorno.
Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’interno, in Italia ci sarebbero in tutto tredici Cie, ma attualmente ne risultano attivi appena sette. E spesso anche a metà, poiché le poche strutture agibili e funzionanti lo sono solo in parte. Con vaste zone degli edifici impraticabili a causa delle continue proteste e dei lavori di ristrutturazione necessari.
Le presenze rilevate sono state novecentoventiquattro su un totale di millesettecentosettantacinque posti, proprio a causa delle precarie condizioni delle strutture, come rilevato da Alberto Barbieri, coordinatore dell’associazione “Medici per i diritti umani”, che a maggio ha terminato il controllo di tutti i Cie italiani.
Emblematico è il caso del Cie di Bologna, chiuso da marzo e non solo per le proteste e le condizioni della struttura. Come spiega il vicecapo di gabinetto Bianca Lubreto durante un’ichiesta pubblicata su L’Espresso: “Il nostro funzionario aveva segnalato diverse inadempienze a cui la società non rispondeva”. Dal personale non pagato con la stessa prefettura che si è vista costretta ad intervenire per garantire gli stipendi, alla mediazione psicologica e linguistica non sufficiente, fino anche alla mancanza dei materiali necessari per ogni ospite, come lenzuola, assorbenti e biancheria.
Il colpo di grazia è arrivato con l’ultima riforma ministeriale, la quale impone che tutte le convenzioni per assegnare a onlus e associazioni la gestione dei Cie partissero da una base d’asta di trenta euro a persona, al giorno, e venissero selezionate non per la qualità della proposta, ma solo secondo lo sconto maggiore, come riportato sempre nell’inchiesta dell’Espresso. E tutte le associazioni che si occupano di accoglienza hanno confermato che è praticamente impossibile garantire standard accettabili a queste condizioni. Tanto che a Lamezia Terme il bando per l’assegnazione della convenzione è andato a vuoto.
Avere dati certi sui Cie è quasi impossibile dato che sono ritenuti “dati sensibili” per ragioni di sicurezza. Quello che è certo, tuttavia, è che anche i giudici del tribunale di Crotone hanno assolto per “legittima difesa” tre ragazzi nordafricani che avevano partecipato alle proteste nel Cie di Sant’Anna.
Questi Centri, e le condizioni in cui vivono gli sventurati che hanno la ventura di transitarci, ricordano le condizioni in cui vivevano gli internati nei manicomi prima che Basaglia, con la legge 180, gli chiudesse. Trattati peggio di oggetti e privati di tutti i loro diritti. Cose e non più persone. Che abbiamo chiuso li dentro per non vedere, per non dover fare i conti con il “diverso”, per nascondere alla vista le nostre miserie e le nostre mancanze. O quello che ci fa paura, anche se magari non si capisce nemmeno bene di cosa (o chi) abbiamo paura.