Nelle ideali classifiche dei migliori attaccanti che si fanno ogni tanto il nome di Rodrigo Palacio difficilmente risulta presente, o se lo è viene dietro a quello di molti altri. Prendendo spunto dal film dei fratelli Cohen “L’uomo che non c’era”, si potrebbe quasi affermare che Palacio sia “il bomber che non c’era“.
Forse perchè non ha la faccia da bad boy o perchè non frequenta veline o ambienti mondani, il ragazzo di Bahia Blanca (luogo favorito dagli Dèi dello sport, visto che ha dato i natali anche al fenomeno dell’Nba Manu Ginobili), con quegli occhi da cerbiatto e il sorriso timido da ragazzo della porta accanto non attira l’attenzione dei media e non solletica la fantasia della gente.
Se però ne facciamo un discorso prettamente calcistico, attualmente sono pochi quelli che gli sono davanti. Non è solo per i goal – spesso decisivi – che segna, quanto soprattutto per la capacità di sorreggere quasi da solo un intero reparto. Con l’infortunio di Milito del Febbraio scorso l’Inter gli ha chiesto gli straordinari e lui ha risposto senza battere ciglio, continuando a svariare sul tutto il fronte offensivo con il solito repertorio di movimenti rapidi e colpi di classe.
Quest’anno gli arrivi dei giovani Belfodil e Icardi sembravano poter rappresentare un surplus per l’attacco nerazzurro, ma si è capito presto che entrambi non sono ancora all’altezza di essere titolari in una squadra che lotta per traguardi diversi da una salvezza tranquilla. Con Milito ancora ai box dopo un infortunio muscolare l’unica certezza in avanti è Rodrigo Palacio, che ben presto anche Mazzarri ha imparato a conoscere bene, tanto da definirlo “un campione vero” dopo la vittoria di ieri con il Verona.
Anche prima dell’arrivo nella Serie A italiana “El joya” (come veniva soprannominato ai tempi della militanza nel campionato argentino) aveva mostrato doti superiori alla media con la prestigiosa maglia del Boca Juniors, fucina di talenti senza eguali in Sud America. Con i gialloblu di Buenos Aires ha vinto un’apertura, un clausura e la prestigiosa Coppa Libertadores nel 2007, riconoscimenti che gli hanno aperto anche le porte della nazionale biancoceleste. A portarlo in Italia ci ha pensato Enrico Preziosi, presidente del Genoa, affascinato dal talento di questa funambolica ala dal codino ribelle.
Pian piano diviene un intoccabile per Gianpiero Gasperini, che ne intuisce il potenziale in zona goal (già intravisto ai tempi del Boca) e lo sposta sempre più vicino alla porta. Paradossalmente però è nella stagione dei quattro cambi di allenatore e della quasi retrocessione che Palacio mostra il meglio di sé, e grazie ai suoi goal (19 in 32 partite) il Grifone riesce a rimanere in Serie A.
Quando arriva all’Inter la situazione non è delle migliori, ma lui diviene subito un elemento cardine per i compagni. Segna, fa segnare e in caso di necessità si improvvisa anche portiere come nella partita di Coppa Italia contro il Verona, con risultati tutt’altro che disprezzabili.
Quest’anno, con il 3-5-1-1 come modulo di base, Palacio è il punto di riferimento unico in avanti e anche con tutte le attenzioni dei difensori addosso è capace di trovare sempre la giocata giusta, che sia un assist o un goal non importa. Il tabellino recita già 8 reti in 10 partite disputate, ma nessun numero potrà mai descrivere la grandezza e il peso specifico di questo calciatore. Come disse un tifoso del Boca una volta, dopo una partita vinta grazie ad un goal del “Trenza”: “queremos ver jugar a Rodrigo”. Come dargli torto.