Alla fine Angela ha deciso: inutile attendere quando non molto lontano la tecnica per l’intervento di cui hai bisogno può non solo salvare la vita a te, ma anche a tua figlia, che porti in grembo. Così, dopo attese, Angela Bianco si è fatta operare con la tecnica del cyber-knife per quel tumore al cervello che le è stato diagnosticato a ventisei anni, incinta di Francesca Pia.
Ad aggiungersi il problema degli spostamenti: ad agosto Angela ha avuto una emorragia cerebrale alla quale è miracolosamente sopravvissuta, ma che comunque le impedisce di prendere un aereo.
Nei giorni scorsi si era parlato di richieste per abbattere la burocrazia, ma evidentemente non sono servite. Infatti non è che in Italia non ci sia questo robot, c’è e si trova a Bari collegato al reparto di Ostetricia necessario per salvaguardare il feto, vicino quindi ad Angela che viene da Casal Velino, Caserta.
Il problema è il solito, purtroppo, quello di una macchina vetusta e che troppo spesso crea ritardi complicando la vita dei cittadini: non solo l’intervento è costoso (si aggira fra gli otto e i diecimila euro) ma non è ancora stato accreditato dal servizio sanitario regionale. Eppure del caso se ne è parlato. Eppure qualcuno si è mosso. Eppure Angela si è fatta operare in Grecia. Fra i primi a prendere la parola, lanciando un salvagente ad Angela, è stato Max Paganini l’amministratore delegato del Cbh di Bari che aveva chiesto al presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, di far emanare una licenza temporanea proprio per il caso urgente in questione. L’oncologo Enrico Restini, della clinica Mater Dei di Bari, aveva anche già ordinato la calotta con lastre di piombo alte cinque centimetri per l’intervento, per proteggere la piccola Pia dalle radiazioni. Ad aggiungersi anche i direttori generali del policlinico e dell’Asl, Vitangelo Dattoli e Mimmo Colasanto.
Non possiamo definire Angela come una “mamma coraggio” perché in questo caso sarebbe troppo riduttivo e troppo retorico. Angela è una donna che rivendica il diritto di essere curata adeguatamente, rivendica lo stesso diritto anche per sua figlia e lo fa con dignità. Quante sono le donne a cui è stato detto che per curarsi, dovevano rinunciare alla gravidanza a causa delle terapie radioattive letali per il feto? É questo il punto. Spesso non solo mancano le risposte, mancano proprio le informazioni, la considerazione per un problema indiscutibilmente importante. Angela ha scritto a Papa Francesco e lo ha fatto anche per tutte le altre donne: perchè la Chiesa è contro l’aborto, “a favore” della vita, ma questo non significa che la vita della mamma sia meno importante di quella del bambino che porta in grembo.
Dal racconto della vicenda di Angela se ne esce indignati. “Dal 2011 a oggi ci siamo limitati a fare qualche intervento compassionevole” riporta l’oncologo Restini. Ma è possibile che un macchinario del genere, usato per altro in altri Paesi, vedi appunto la Grecia, non venga utilizzato per quello cui è stato progettato e cioè salvare vite umane?