Ci sono nomi che evocano alla mente il passato quasi fossero figure archetipiche, nomi che richiamano una stagione politica che tutti credevano definitivamente conclusa. Paolo Cirino Pomicino è uno di quei nomi. Ex ministro del Bilancio e braccio destro di Giulio Andreotti, Pomicino è stato a lungo il referente della corrente andreottiana del Dc in Campania e uno dei protagonisti della Prima Repubblica nella sua fase discendente, quella di Tangentopoli, dell’assassinio di Salvo Lima e del processo ad Andreotti.
Anche ‘O ministro, come era noto all’epoca il potente politico partenopeo, venne travolto dalle inchieste giudiziarie insieme alla gran parte della classe politica di allora. Oggi però Pomicino vanta la propria riabilitazione, sopravvissuto com’è a tutti i capi di imputazione tranne a quello che lui stesso rivendica con orgoglio: il finanziamento irregolare della politica. Che per l’esponente democristiano non costituiva né corruzione né tantomeno concussione, ma che tuttavia i partiti non ebbero il coraggio di regolamentare.
Tesi quantomeno ardita. Non meno ardita è l’intervista apparsa su Repubblica la scorsa domenica, nella quale Pomicino indossando i panni di politologo ha voluto celebrare i funerali della Seconda repubblica: “siamo davanti a un processo di scomposizione e ricomposizione del sistema”. A detta dell’ex ministro “la crepa aperta nel Pdl non potrà che divaricarsi, la rottura è inevitabile”. Lo stesso discorso varrebbe per il Pd: se un ex Ppi come Renzi dovesse davvero conquistare la segreteria, una balcanizzazione del partito sarebbe inevitabile e ne conseguirebbe la fuori uscita di tutti quegli elementi legati alla tradizione socialista europea.
E qui Pomicino gongola. Proprio lui, accusato di essere il regista occulto dei cambi di casacca che nel 2011 fecero franare in Parlamento la maggioranza di centrodestra e che, con lo pseudonimo di “Geronimo”, ha consegnato alle stampe una trilogia dalla quale la Secondo repubblica esce massacrata: fra instabilità, tecnocrazia, intreccio finanza-informazione-giustizia e partiti personali, si stava meglio quando si stava peggio.
L’intervista va avanti con un affondo su Mario Monti, cui Pomicino contrappone la figura di Guido Carli, il quale, ricorda, “quando Andreotti lo chiamò per guidare il Tesoro accettò a patto che alle Finanze e al Bilancio ci fossero due politici, così andammo io e Formica. Conosceva i limiti della sua tecnicalità”. Quindi la stoccata finale al professore bocconiano: “la politica è una professionalità che non si scopre a 70 anni. Senza offesa per nessuno”.
Secondo Pomicino Enrico Letta rappresenta la miglior eredità del dc Nino Andreatta, mentre il suo vice Angelino Alfano è accostato al doroteo Forlani. E Renzi? “Non è stato democristiano solo per una mera questione d’età, ma è figlio del cattolicesimo democratico” tuttavia “deve guardarsi da se stesso, non cedere alla concezione leaderistica che pure lo attrae: ci riporterebbe in casa il veleno instillato 20 anni fa”.
Negli scorsi mesi il vice di Andreotti aveva esposto così la questione: “dopo 20 anni di follie credo sia giunto il momento per ripristinare anche nel nostro Paese quel cattolicesimo politico che ricostruì l’Italia e difese la democrazia battendo i famosi opposti estremismi e il terrorismo brigatista. Quel cattolicesimo politico nelle forme in cui storicamente si è incarnato nel vecchio continente governa oggi quasi tutto il centro-Europa e la Spagna. Il futuro del Paese in larga parte sta in questo ritorno politico di stampo europeo”. E ancora: “il problema del Pd non è la mancanza di un leader autorevole o di un numero di leaders modesti ma l’assenza di un’identità socialista di cui il Paese ha bisogno. Il tentativo di qualche anno fa di mettere insieme culture diverse che possono essere alleate come lo sono state in Italia ed in Europa è clamorosamente fallito riducendo in miniatura le culture fondative del Pd, quella socialista e quella cristiano-democratica, proprio nel momento in cui entrambe sono chiamate ad uno sforzo gigantesco per battere le distorsioni del capitalismo finanziario”.
Insomma, Pomicino ha le idee chiare, la politica può rigenerarsi tornando a mettere i grandi filoni culturali del pensiero politico italiano prima dei capi carismatici, riacquistando la sovranità dei tempi andati. Come ciò possa avvenire è meno chiaro. Forse proprio attraverso i vecchi giochi da palazzo di potere, tornati nuovamente in auge.
“La politica ci mette un po’ di tempo, ma si vendica di chi l’offende”, firmato: Paolo Cirino Pomicino.