I Pirahã sono una popolazione amazzonica di circa settecento persone (ma loro non lo sanno), tra cacciatori e raccoglitori, che risiedono nelle giungle del Brasile nordoccidentale, lungo il fiume Maici.
La lingua dei Pirahã prende il nome dalla loro popolazione, ed è estremamente complessa.
Si tratta di una forma verbale che prevede l’utilizzo di sette consonanti e tre vocali per dare vita a un linguaggio intero. Facilmente, quindi, una parola può ricoprire più significati, ed è una conseguenza la mancata pronuncia di suoni che dovrebbero essere, ormai, intrinseci delle circa settemila lingue che, oggi, sono parlate nel mondo.
Così, se potessimo ascoltare una conversazione tra Pirahã, si avrebbe come la sensazione di udire un canto, un fischio continuo.
Ma l’aspetto più eccezionale di questa popolazione indigena dell’Amazzonia è il fatto che sanno contare solo fino a due, utilizzando per le cifre superiori un concetto che nel nostro linguaggio è simile a “molti”.
A raccontare di questa popolazione, e delle sue caratteristiche, il blog Lexicon Valley Slate, che spiega:
“Tra le molte peculiarità del Pirahã c’è un’assenza quasi completa di termini e strutture che riguardano i numeri, un tratto linguistico estremamente raro di cui ci sono solo pochi casi documentati. La lingua non contiene parole per i singoli numeri e solo tre che si avvicinano a qualche nozione di quantità: hói, “una piccola dimensione o quantità”, hoí (spostando l’accento) “una dimensione o quantità un po’ più grande”, e baágiso, che può significare sia “un motivo per radunarsi” che “un mucchio”.
Senza alcun modo di esprimere esattamente i numeri interi, la domanda ovvia è: come fanno i Pirahã a contare? Più concretamente, come chiedono due cose invece di una sola? La risposta – secondo alcune delle ricerche più recenti sull’assenza della capacità di numerare, pubblicate dall’etno-linguista Caleb Everett sulla rivista accademica Cognitive Science — suggerisce, quasi inconcepibilmente, che non lo fanno.
Everett ha svolto alcuni esperimenti con i Pirahã, tentando di fargli riprodurre l’esatto quantitativo di alcuni oggetti che gli poneva davanti, mettendo in atto diverse tecniche cognitive. Ma i Pirahã hanno dimostrato di non essere in grado di riconoscere quantità superiori ai due, tre oggetti. Per quanto assurdo possa sembrare, non hanno a disposizione i mezzi per contare, e semplicemente hanno impostato uno stile di vita che non necessita di alcuna operazione di conteggio.
Arrivati al 2013 con la convinzione che esista una grammatica universale (teoria di Noam Chomsky che risale agli anni Sessanta), e scoprire, invece, che esistono popolazioni che non sono in grado di effettuare nemmeno le più semplici operazioni matematiche è sconcertante. Viviamo nell’era della comunicazione e vantiamo il fatto di conoscere per intero il linguaggio matematico, e pure qualcuno, ha una concezione di vita che si limita al conteggio di “uno”, “due”, e “molti”.
Le teorie di Dan Evrett, che ha dedicato venticinque anni di articoli e libri sulla lingua e la cultura dei Pirahã, affermano che questa popolazione conduce uno stile di vita ridotto alla semplicità più assoluta. I Pirahã non producono opere d’arte, non conoscono i colori, e nessuna delle parole da loro utilizzate sembra tradurre azioni che si riferiscono al passato. Inoltre nel loro linguaggio sono assenti alcuni tra i termini più diffusi, invece, tra le lingue del mondo, come: “tutto”, “ogni”, “ciascuno”, “la maggior parte”..
Immaginare di interagire con una popolazione dal linguaggio così minimalista sembra impossibile.
Eppure a testimonianza del fatto che il mondo della comunicazione non conosce limiti, i Pirahã definiscono tutte le lingue diverse dalla loro “senza testa”, un termine dispregiativo per indicare forse la percezione dell’assurdo per i Pirahã nell’udire lingue sintatticamente e morfologicamente complete, che ritengono, quindi, inferiore alla loro.
Già nel 1921 uno dei primi antropologi che ha vissuto con loro per un lungo periodo di tempo, aveva affermato che i Pirahã non mostravano alcun interesse nei confronti di popolazioni più civilizzate. L’evoluzione non è motivo di interesse per i Pirahã, che preferiscono vivere un mondo che è sempre stato così, come ai loro occhi.
[Credit photo: photoshd.wordpress.com]