Qualche settimana fa, il segretario di Stato americano Kerry, era impegnato in tal senso e la notizia della conferenza giunge proprio in concomitanza con nuovi sanguinosi attacchi. L’ennesimo attentato che avrebbe provocato la morte di circa una trentina di persone, causato da un’autobomba posizionata a un checkpoint nella città di Hama, nel centro della Siria e secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’attacco sarebbe stato architettato dal gruppo Jabhat al-Nusra, collegato ad al-Qaeda.
Mentre il segretario della Lega araba Nabil el Araby dava la notizia di un accordo verso Ginevra 2., le altre notizie che giungevano dalla Siria, erano e rimangono a dir poco inquietanti e provocano orrore e indignazione: sembrerebbe che i ribelli paghino i cecchini per mirare alle donne incinta e uccidere i figli che portano in grembo. L’orrore riportato dal Times, sembrerebbe confermato da un medico inglese che ha operato sul campo.
Tuttavia, non si può né tirare un sospiro di sollievo, né sperare troppo nella conferenza e nella sua riuscita. Perché? Innanzitutto una seconda conferenza era prevista già nell’incontro tenutosi sempre a Ginevra, nel giugno 2012, perciò la notizia non è così inaspettata. Poi sono le stesse parole di chi ha un ruolo non di poco conto nella faccenda, ovvero l’inviato speciale dell’Onu Lakhdar Brahimi a lasciare l’amaro in bocca, poichè ha messo le mani avanti affermando: “Non si potrà tenere nessuna conferenza di pace senza la partecipazione di un’opposizione siriana credibile, che rappresenti quella parte del popolo che combatte il regime di Bachar al-Assad“.
Nel frattempo però la guerra dura da tre anni, i morti sono davvero troppi (si parla di quasi centomila persone) e chi cerca di fuggire, affronta viaggi al limite della condizione umana. Le parole quindi dell’inviato speciale Onu, non sono per nulla rassicuranti e preoccupa che ad essere così poco entusiasta sia proprio un rappresentante del suo livello. La missione di Brahimi è quindi, appena iniziata: la “probabile” conferenza è il primo livello di diplomazia che è stato raggiunto al Cairo, nei prossimi giorni sarà la volta dei Paesi che supportano l’opposizione dei ribelli siriani, ovvero Turchia e Iran per poi passare a chi invece, sostiene il regime di Damasco, ossia l’Iran.
Alla fine delle consultazioni, si saprà se il ventitré novembre, accanto ai rappresentanti americani e russi, ci saranno i rappresentanti dei ribelli siriani e se ci saranno sviluppi, nuove situazioni di stallo diplomatico o finalmente una risoluzione o quanto meno un primo traguardo verso la soluzione definitiva di questa guerra civile che prosegue ormai da troppo tempo.