Non c’è bambino di ieri che non abbia visto almeno una volta “Mary Poppins”, la tata magica venuta dal cielo al cambiar del vento, la bambinaia perfetta che tutti abbiamo sognato di avere: autorevole e severa quando serve, ma anche divertente, dolce e pronta a consolare col suono melodioso della sua voce. Con un po’ di zucchero, un pizzico di magia, tanta fantasia, motivetti indimenticabili e scioglilingua impossibili da pronunciare, ci siamo immedesimati in Jane e Michael, vivendo con lei avventure incredibili e stravaganti, dal tuffo in un dipinto, al tè preso fluttuando in aria, fino a danzare sui tetti di Londra con gli amici spazzacamini.
Cinque Oscar, due Golden Globe, un Grammy e svariati altri riconoscimenti hanno reso questo film un capolavoro. A distanza di cinquanta anni, la pellicola diretta da Robert Stevenson e interpretata da Julie Andrews e Dick Van Dyke è ancora oggi un must dell’animazione dedicata ai più piccoli.
Oggi diamo per scontato che sia un pezzo della storia del cinema, ignorando le difficoltà che Walt Disney ebbe nel portare il romanzo di Pamela Lyndon Travers (pseudonimo di Helen Lyndon Goff) sul grande schermo. Ci vollero quasi vent’anni al papà di Topolino, infatti, per convincere la scrittrice australiana a cedergli i diritti cinematografici per far spiccare il volo a tata Poppins oltre le pagine di un libro. Come riuscì nell’impresa ce lo svelerà il film “Saving Mr. Banks”, la storia di un lunghissimo braccio di ferro creativo tra un uomo di cinema e una donna di lettere, culminato in successo cinematografico intramontabile. Protagonisti della pellicola scritta da Kelly Marcel (Terra Nova) e diretta da John Lee Hancock (The Blind Side), attesa negli Stati Uniti dal 13 dicembre (in Italia a febbraio 2014) sono: Tom Hanks, nel ruolo dell’eccentrico fondatore della Walt Disney Company, ed Emma Thompson nei panni dell’irascibile scrittrice P.L. Travers dalla cui penna nacque il personaggio della tata perfetta, protagonista di una serie di sei libri. Un duo “da Oscar” che promette scintille già dallo spassosissimo trailer e che, a detta di molti critici, hanno già lanciato la pellicola nella sua corsa verso la notte delle stelle.
Quando promise alle sue figlie di realizzare un film dal loro libro preferito, “Mary Poppins”, Walt Disney non immaginava ci volessero così tanti anni per riuscire a mantenerla. Quattordici per la precisione, durante i quali, Walt si ritrova a dover ‘trattare’ con una riluttante, capricciosa e bisbetica scrittrice, inamovibile nel lasciar andare la sua ‘creatura’ e decisa più che mai a mantenerne il controllo assoluto. Nemmeno una visita a Disneyland accompagnata da Walt Disney in persona riuscì a scalfire la corazza della scrittrice e a farle cambiare idea: “Mary Poppins non è in vendita. Non permetterò che diventi uno dei suoi sciocchi cartoni”, dice il personaggio di Emma Thompson. “So bene cosa farà di lei, la ridurrà una tutta saltelli e scintillii”.
Non che ci fosse andata molto lontana, ma alla fine, nel 1961, Walt Disney riuscì finalmente a spuntarla sulla Trevers, ma ad una condizione: che lei avesse l’ultima parola su tutto ciò che riguardava la pellicola, dalla sceneggiatura, alla scelta del cast, fino alle canzoni e alla scenografia. E qui che la produzione diventa in salita: ogni minimo dettaglio è motivo di scontro creativo, dove nessuno è disposto a cedere. “Non sono i bambini che lei viene a salvare ma il padre, suo padre”. Solo quando Walt comprende il vero significato del libro, la storia vera che c’è dietro le parole, potrà liberare Mary Poppins dai fantasmi del passato che tormentano la sua autrice, consegnandola finalmente alla storia del cinema.
L’immagine della signora Travers sorridente in posa con il tycoon dell’intrattenimento e Julie Andrews alla premiere del film, non deve però trarre in inganno. Non ci fu nessun lieto fine “alla Disney”, nessun “..e vissero tutti felici e contenti”. Nonostante il successo, la Trevers si pentì amaramente della sua scelta, sentendo i suoi personaggi e le sue idee massacrati da Hollywood. Delusa, nel suo testamento giurò che mai più un americano potesse accostarsi alle sue opere. Viene spontaneo chiedersi cosa ne penserebbe di “Saving Mr. Banks”.